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Carpe koi: tra ornamento e agricoltura sostenibile

Le buone pratiche agricole offrono un punto di vista nuovo sulle carpe koi, non solo belle, ma anche utili.

La parola chiave del momento è sostenibilità. Una nuova coscienza globale, unita a modelli di sviluppo non più orientati alla ricerca del mero profitto, stanno diffondendo nuovi processi produttivi. Le nuove tecnologie, però, sembrano essere auspicabili solo se in grado di produrre sostentamento senza mutilare le risorse del Pianeta. Tutto questo non ha apparentemente nulla a che vedere con dei pesci ornamentali molto belli e molto richiesti sul mercato, come le carpe koi. La realtà è ben più interessante.

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Origine delle carpe koi

Le carpe koi (Cyprinus carpio var. koi) sono una particolare varietà della carpa comune (Cyprinus carpio) ottenuta in allevamento. Si tratta di una specie molto richiesta sul mercato per l’elevato valore ornamentale ed è non a caso presente in laghetti privati ma anche in parchi e giardini.

Tradizionalmente, le carpe koi sono animali dall’elevato valore simbolico in Giappone, Paese nel quale sono state ottenute tutte le varietà colorate che oggi conosciamo: koi, non a caso, è la parola giapponese che indica “carpa”, genericamente. Quelle che noi chiamiamo carpe koi, o carpe giapponesi, sono note nella loro patria d’elezione con il nome Nishikigoi e sono un simbolo molto diffuso di affetto e amore.

Le carpe furono introdotte in Giappone dalla Cina intorno al XV secolo, soprattutto nelle regioni montuose dell’Honshu centrale, nella prefettura di Niigata. Prima che in Giappone, le carpe venivano dunque allevate anche in altri Paesi, ma naturali mutazioni di colore e occasionali macchie colorate vennero notate ed utilizzate per incroci selettivi proprio nell’area di Niigata.

In particolare, tra il 1781 e il 1788 si verificarono in questa zona inverni piuttosto rigidi, siccità e carestie. Gli stock di pesci allevati, dunque, si ridussero e conseguentemente anche la dimensione del loro pool genico. Comparvero così alcune mutazioni che si espressero con macchie e variazioni cromatiche in alcuni individui e ciò indusse alcuni contadini a trasferire le carpe che possedevano in piccoli laghetti all’interno delle loro case, sia per tenerle al riparo che per sperimentare incroci selettivi[1].

Varietà di carpe koi

Il risultato di questo allevamento è stato talmente rilevante che oggi esistono almeno 120 varianti cromatiche di carpe koi[1], ciascuna con la propria denominazione.

Il pattern bianco e rosso è stato quello più a lungo oggetto di sviluppo, ma ancora nel 1914, alla Taisho Expo a Tokyo, non era stato ottenuto quello definitivo e attuale. Intorno al 1942 venne ottenuta la variante cromatica bianca e rossa più comune, denominata Kohaku. Molto richiesta è anche la Tancho, totalmente bianca con un’unica macchia rossa sulla testa, a ricordare la bandiera giapponese.

Esistono poi altre varianti cromatiche denominate Kinginrin, con scaglie oro e argento e letteralmente metalliche nei riflessi. La variante Butterfly koi, come suggerisce il nome, ha pinne pettorali molto sviluppate ed è una varietà molto apprezzata in Europa e nel Regno Unito. I colori azzurro, nero e giallo sono presenti invece in varie combinazioni e disegni ad esempio nelle varianti cromatiche Doitsu, Asagi, Kawarimono, e Goshiki, solo per citarne alcune[1].

Il governo giapponese, a metà degli anni sessanta del XX secolo e in collaborazione con istituti di ricerca sovietici, avviò poi una serie di studi sulle basi genetiche dell’ereditarietà dei colori. Uno dei risultati più interessanti è la varietà Ghost koi, un ibrido tra individui a colorazioni metalliche e individui a colorazione originaria[1]. Tale varietà è tra le più apprezzate, presentando una colorazione tipicamente a base scura con vari pattern metallici.

Allevamento delle carpe koi

Le carpe koi sono molto diffuse come specie da acquacoltura, sia per il loro elevato valore ornamentale che per alcune caratteristiche che le rendono facili da allevare.

Per quanto riguarda i parametri ambientali, le carpe koi conservano la versatilità della specie selvatica comune. Il range ottimale di temperatura dell’acqua varia tra il 15°C e i 25°C e si osserva una considerevole diminuzione dell’attività metabolica al di sotto dei 10°C.

L’alimentazione è un aspetto che rende altrettanto agevole l’allevamento, trattandosi di una specie onnivora. Può nutrirsi sia di prede disponibili nei laghetti dei parchi pubblici, come insetti e piccoli invertebrati, che di vegetali somministrati dagli allevatori. In condizioni ideali, ciononostante, è opportuno seguire diversi protocolli ad oggi esistenti per mantenere il benessere e la salute delle koi in allevamento[2].

Gli studi scientifici in merito all’effetto di diversi regimi nutrizionali delle carpe koi non mancano e sembra possibile integrare la loro dieta con proteine da fonti vegetali (come la frutta a guscio) senza influire sul tasso di accrescimento. Nonostante l’ integrazione con fonti proteiche vegetali permetta una notevole convenienza economica, è opportuno sottolineare che la sostituzione totale delle proteine animali con quelle vegetali riduce il tasso di crescita e non è pertanto consigliabile[3].

L’attrattiva delle carpe koi dipende soprattutto dalle loro colorazioni, ma affinché tale valore venga preservato è necessario che le condizioni d’allevamento siano le migliori possibili. Anche in questo campo gli studi scientifici ci vengono incontro e indicano come gli stagni di terra conducano ad una produttività maggiore in termini di accrescimento e sopravvivenza[4]. Tali condizioni permettono una migliore qualità dell’acqua e una maggiore produzione di zooplancton, che ha un elevato valore nutritivo per le giovani carpe koi[4].

Acquaponica e carpe koi

Le condizioni ideali di allevamento delle carpe koi rendono tale specie molto adatta al suo utilizzo in impianti di coltivazione vegetale con il metodo dell’acquaponica.

Combinando acquacoltura e coltivazione idroponica si ottiene infatti un sistema agricolo sostenibile. La relazione tra le specie ittiche e le specie vegetali si realizza in particolare nell’utilizzo delle deiezioni animali come concime organico per le piante. Pompando l’acqua dalle vasche d’acquacoltura in quelle d’idroponica, i vegetali in coltivazione sono in grado di assorbire ed utilizzare i nutrienti contenuti nelle deiezioni dei pesci. L’acqua così filtrata può poi essere riutilizzata per le vasche d’acquacoltura.

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Tale struttura di base può avere varie dimensioni ed essere integrata sia con strumenti per ottimizzare il filtraggio sia con substrati che integrino il nutrimento delle colture.

Le carpe koi, in tale contesto, si rivelano ottime partner delle specie vegetali, in considerazione della loro elevata produzione di deiezioni in confronto alla bassa densità di individui necessaria per una pratica acquacolturale corretta[5]. Inoltre, se l’acqua proveniente dall’acquacoltura viene fitodepurata e combinata in proporzioni uguali con acqua di pozzo, essa mostra la maggior resa in termini di crescita e salute delle carpe, crescita delle piante e qualità dell’acqua[3].

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Conclusioni

Le soluzioni sostenibili e le buone pratiche non sono sempre sinonimo di ritorno a metodi antichi e rinuncia alle conquiste della tecnologia. La natura, la scienza e la ricerca sono sinonimi di progresso quando si utilizza ciò che si ha, lo si migliora grazie a ciò che si conosce e lo si preserva per le generazioni future.

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Referenze

  1. De Kock, S., & Gomelsky, B. (2015). Japanese ornamental koi carp: origin, variation and genetics. Biology and Ecology of Carp; Informa UK Limited: Boca Raton, FL, USA, 27-53;
  2. Yesilayer, N., et al. (2011). Growth performance and feed utilization of koi carp (Cyprinus carpio L., 1758) fed partial or total replacement of fish meal with hazelnut meal and soybean meal;
  3. Nuwansi, K. K. T., et al. (2019). Utilization of phytoremediated aquaculture wastewater for production of koi carp (Cyprinus carpio var. koi) and gotukola (Centella asiatica) in an aquaponics. Aquaculture, 507, 361-369;
  4. Jha, P., et al. (2006). A comparison of growth, survival rate and number of marketable koi carp produced under different management regimes in earthen ponds and concrete tanks. Aquaculture International, 14(6), 615-626;
  5. Nuwansi, K. K. T., et al. (2017). Standardization of the stocking density ratios of koi carp (Cyprinus carpio var. koi): Goldfish (Carassius auratus) in polyculture aquaponic recirculating system. Turkish Journal of Fisheries and Aquatic Sciences, 17(6), 1271-1278.

Immagine di copertina da pikist.com.

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