Circa 2/3 delle superfici agricole disponibili sono attualmente impiegati in maniera diretta o indiretta per l’allevamento di bestiame. La carne è un alimento ad altissimo valore nutritivo e spesso è considerata irrinunciabile per molti consumatori. La carne è anche però un tipo di alimento che assorbe moltissimi input produttivi per essere ottenuto, in particolar modo acqua. Ecco cosa ha spinto i ricercatori a sviluppare nuove tecnologie per ottenere il medesimo prodotto in maniera molto più efficiente e sostenibile: la carne coltivata.
La carne coltivata (Cultured meat), chiamata anche “carne sintetica”, “carne pulita”, “carne in vitro” o “carne artificiale”, è un’alternativa che la scienza offre alla carne ottenuta tramite l’allevamento convenzionale di capi animali e la loro macellazione.
Questa tecnologia è basata sul simulare in vitro lo spontaneo processo di miogenesi a partire da cellule miosatelliti, prelevate tramite biopsia da animali adulti. Queste cellule sono delle staminali in grado di differenziarsi quando poste in condizioni idonee in mioblasti. I mioblasti si allineano poi l’uno all’altro e fondono in fibre multinucleate chiamate miotubi che sono la struttura fondamentale delle fibre muscolari. Dalla loro propagazione si ottengono i tessuti che verranno poi utilizzati per fabbricare i vari prodotti carnei.
La proliferazione e la crescita delle cellule e dei tessuti muscolari è condotta in bioreattori utilizzando come supporto dei polimeri edibili come collagene, alginati, cellulosa e chitosano che entreranno poi a far parte del prodotto finito.
La miogenesi, come tutti i processi fisiologici, è un evento articolato in cui intervengono molti enzimi e fattori di adesione/regolazione/crescita. Per stare al passo con questa complessità si usano come medium colturali dei sieri animali, il più utilizzato è il siero fetale bovino. Esistono anche alternative animal-free ugualmente efficaci e formulate ad hoc ma comportano anche costi molto più elevati.
Un aspetto da non tralasciare è l’ossigenazione delle cellule, essa deve essere sempre garantita per poter assicurare il corretto funzionamento della respirazione cellulare.
I vantaggi
I principali vantaggi che ci si aspetta di ottenere da questo tipo di prodotto sono:
- ridurre la necessità di macellare animali per ottenerne le carni. La macellazione, infatti, è indolore per gli animali in quanto vengono prima storditi con metodi scientificamente validati. Tuttavia, le persone più sensibili possono provare comunque rimorsi nel consumare animali appositamente morti per questo scopo e potrebbe essere per loro motivo di rinuncia al consumo di carne. La sua alternativa in vitro potrebbe ovviare a questo limite di natura etica (da qua il nome carne pulita)
- maggiore sicurezza igienico-sanitaria. Essendo un tipo di prodotto che non è mai stato in contatto con l’ambiente esterno e tutto ciò che ne deriva, presenta rischi biologici minori rispetto alle carni convenzionali su cui si stima possano potenzialmente crescere il 22% dei batteri patogeni alimentari. La ridotta carica microbica, inoltre, consente di avere prodotti con shelf life più lunghe e quindi una comodità aggiuntiva per produttori, commercianti e consumatori
- produzione velocizzata: per crescere dei tessuti animali in vitro sono necessarie poche settimane, i corrispettivi ottenibili con il normale allevamento invece richiedono molto più tempo
- maggiore sostenibilità ambientale: la carne sintetica richiede un’allocazione di risorse agricole scarse, come ad esempio superfici coltivabili e acqua, estremamente minore rispetto l’allevamento. L’ottenimento di 1000 kg di carne coltivata richiede dal 7 al 45% di energia elettrica in meno, 82-96% di acqua in meno, il 99% di suolo coltivabile in meno e 78-96% di emissioni di gas serra in meno rispetto all’ottenimento di 1000 kg di carne convenzionale
- possibilità di produrre carni di composizione su misura: ad esempio, è possibile migliorare il profilo in acidi grassi della carne facendo in modo che contenga omega 3 e omega 6 nelle proporzioni ideali.
I limiti tecnici
Come ogni processo innovativo ci si deve anche scontrare con dei limiti tecnici e non:
- è un processo costoso e non ancora ottimizzato per la produzione su larga scala. Nel 2013 il costo di produzione di un hamburger di carne sintetica era di 325000 $. Nel 2015 per lo stesso hamburger il costo è stato abbattuto a 11.36 $. Oggi è ancora più basso ma comunque troppo alto per poter ambire ad una adeguata diffusione del prodotto
- attualmente il prodotto più facile da ottenere con questa tecnologia è simile al macinato di carne quindi ideale per realizzare hamburger o polpette et similia. L’ottenimento di tagli anatomici classici invece è ancora un settore agli albori che la ricerca deve ancora approfondire prima di poter dare risultati analoghi alla carne convenzionale
- resistenza dei consumatori al cambiamento: quando si tratta di alimenti il consumatore è sempre restio ad abbracciare nuove abitudini, soprattutto quando il prodotto presenta pesanti caratteri innovativi come questo. Il termine “sintetico” stesso nella cultura di massa ha una connotazione negativa nonostante non indichi niente sulla effettiva qualità igienico-sanitaria del prodotto. Il marketing e la comunicazione legati alla carne coltivata dovrebbero concentrarsi su questo aspetto per far sì che la chemofobia e altri pregiudizi non oggettivi allontanino il consumatore da questo prodotto
- impossibilità di sostituire prodotti tradizionali: in Europa e soprattutto in Italia la tradizione gastronomica è molto radicata, alcuni prodotti carnei possono infatti fregiarsi di marchi creati ad hoc per preservare cultura, tipicità e origine di questi prodotti come il celebre marchio D.O.P. Questi prodotti sono tutelati da un disciplinare di produzione che spiega passo per passo come produrre questi alimenti certificati e tra le tante specifiche vengono posti anche molti limiti. Se questi limiti verranno estesi anche alla carne coltivata allora l’allevamento continuerà ad essere necessario (e tutelato) e la carne in vitro potrà sostituire solo parzialmente la carne tradizionale
- vuoto normativo: essendo un prodotto ottenuto con un processo del tutto nuovo, non esistono norme che si riferiscano specificamente al settore. Per ora si applica il Reg. UE 2283/2015 che regolamenta a livello europeo la commercializzazione di tutti quelli che sono considerati novel foods. Qualora emergessero evidenze scientifiche circa la non totale sicurezza per il consumo umano (non ce ne sono per ora) allora si applicherebbe in automatico il principio di precauzione introdotto a livello europeo con il Reg. UE 178/2002.
La situazione attuale
Negli ultimi 10 anni sono state fondate diverse aziende che si occupano di questo settore come l’americana “Memphis meat” o l’olandese “Mosa meat”. Molte di queste aziende sono anche riuscite ad accaparrarsi finanziamenti milionari da investitori del calibro di Richard Branson e Bill Gates.
Uno dei problemi che queste aziende si trovano a dover affrontare è la disponibilità e la produzione di letteratura scientifica. Molti dei progressi che esse compiono non vengono pubblicati sotto forma di articolo ma sono mantenuti privati in quanto considerati “segreto industriale”, questo inevitabilmente rallenta il progresso nel settore.
Fonte: Gaydhane, Mrunalini K., et al. Cultured meat: state of the art and future. Biomanufacturing Reviews, 2018, 3.1:1.