All’ospedale Bambino Gesù di Roma, dall’inizio del 2018 sono stati trattati i primi 8 bambini affetti da forme molto aggressive di neuroblastoma metastatico e/o recidivo utilizzando i Linfociti CAR-T, cellule del sistema immunitario ingegnerizzate utilizzate già in precedenza per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta e del linfoma non Hodgkin a grandi cellule B.
Cosa è il neuroblastoma?
Il neuroblastoma è un tumore estremamente invasivo che ha origine da cellule primitive del sistema nervoso autonomo. Tra i tumori solidi più frequenti nei bambini, presenta molteplici stadi di avanzamento e localizzazione:
- Stadio 1: malattia localizzata all’organo di origine, solitamente, ma non sempre, la ghiandola surrenale.
- Stadio 2: tumore completamente asportato confinato all’organo di origine, ma con iniziale interessamento linfonodale.
- Stadio 3: tumore confinato all’organo di origine, ma che si estende verso il lato opposto, cioè supera la linea mediana del corpo, e che non può essere completamente asportato alla diagnosi.
- Stadio 4: tumore con presenza di metastasi a distanza dalla sede di origine; più frequentemente le metastasi interessano il midollo osseo, lo scheletro, i linfonodi e il fegato.
- Stadio 4S: qualsiasi stadio, che insorge in bambini sotto l’anno di età e con metastasi localizzate esclusivamente al fegato, alla cute o al midollo osseo.
Le cause sono per lo più sconosciute ma si sospetta che siano coinvolti sia geni oncogeni che oncosoppressori. Una delle alterazioni degli oncogeni più studiati in questa forma di tumore è N-MYC (un fattore di trascrizione coinvolto nella regolazione di molti geni), in questa alterazione l’espressione di N-MYC viene amplificata in modo eccessivo e questo porta all’insorgenza del neuroblastoma. L’alterazione di questo gene è presente nel 10% di casi dello stadio 1 e stadio 4S e nel 40% dei neuroblastomi disseminati all’esordio.
Altre cause coinvolgono delezioni al livello del cromosoma 1 e prendono il nome di del-1p e mutazioni di altri geni come ALK e PHOX2B che causano una crescita incontrollata delle cellule tumorali. Si sta anche procedendo verso lo studio di possibili cause antecedenti alla nascita del bambino come l’abuso di alcol e la carenza di vitamine (soprattutto B12) durante la gravidanza.
Utilizzo dei CAR-T nel neuroblastoma
Risultati
La terapia prevede l’utilizzo di linfociti T ingegnerizzati per l’espressione del recettore chimerico (CAR) contro l’antigene GD2 che è altamente ed universalmente espresso sulle cellule del neuroblastoma e quindi si presta bene ad essere un ottimo bersaglio di riconoscimento da parte del sistema immunitario.
Sono state create 4 generazioni di cellule CAR-T e tutte hanno dimostrato un’ottima interazione recettore-antigene e specificità della risposta. Purtroppo la risposta ha bassa persistenza dovuta ad una minore attività co-stimolatoria da parte del co-recettore CD3. Nel prossimo futuro si cercherà di lavorare proprio alla risoluzione di questo problema anche se in alcuni pazienti la persistenza della risposta è risultata già adeguata.
Problemi e risoluzioni
- Le cellule immunitarie devono poter penetrare lo stroma che circonda il tumore. Ciò costituisce una prima barriera da superare.
- I tumori solidi tendono ad eludere il sistema immunitario grazie all’ elevata espressione di PD1-L, ligando per PD-1, un recettore inibitorio dei linfociti T. Per ovviare a questo problema si sta cercando di munire i CAR-T di un modello di recettore PD-1 in grado di interagire con molecole co-stimolatorie così da potenziarne l’attività citotossica. Tale modello sembra essere molto performante, persino più della terapia anti-PD1.
- Questo tipo di tumore (come molti altri solidi) produce e secerne nel microambiente circostante fattori solubili come IL-10 e TGF-β che hanno un ruolo fortemente inibitorio verso le cellule del sistema immunitario. Attualmente la strategia tentata è quella di fornire i CAR-T di un recettore in grado di rendere più efficace la risposta in seguito al contatto con queste molecole contrastando la loro azione inibitoria.
Conclusione
Lo studio dietro l’utilizzo delle cellule CAR-T ed il loro utilizzo in ambito clinico è ancora molto fresco ma i risultati, nonostante gli ostacoli, sono davvero molto promettenti e spingono la ricerca ad andare avanti. Non è escluso pertanto che in futuro potranno essere utilizzate in modo efficace anche per altre forme di tumore.