Nel 1958 prese inizio la “Campagna di eliminazione dei quattro flagelli“. Lo scopo era quello di debellare la Cina da topi, zanzare, mosche e passeri. I risultati di questo piano furono un colossale disastro ambientale e sociale.
”Il Grande balzo in avanti”
Di grandi disastri ambientali, la storia così come il presente ne è colma e probabilmente nessuna nazione può dichiararsi innocente. Tuttavia c’è un episodio che spicca sopra ogni altro per la propria idiozia, fondamentalmente a causa dell’ingenuità e dalla sempliciottoneria con il quale fu messo in atto. Era il 1956 e la Repubblica Popolare Cinese arrancava sotto il peso di siccità, carestie, alluvioni e politiche economiche fallimentari. Per ribaltare la drammatica situazione, il “quattro volte grande” Mao Tse-Tung progettò il “Grande balzo in avanti“, un piano economico volto a trasformare il sistema economico rurale e a porre la Cina in una posizione di rilievo sullo scacchiere internazionale.
La Campagna di eliminazione dei quattro flagelli
Durante una riunione della Conferenza Suprema di Stato Mao lanciò un appello affinchè venisse fatto ogni sforzo per sviluppare e aggiornare le conoscenze scientifiche, unire gli intellettuali all’interno e fuori del partito al fine di raggiungere rapidamente il medesimo livello scientifico delle altre nazioni. Purtroppo i fatti seguenti dimostrarono che le falle nel livello scientifico cinese erano più ampie del previsto. Qualche mese più tardi, nell’ambito delle riforme statali, venne fissato un piano dodecennale nel settore della sanità che prevedeva l’eliminazione di quattro animali: topi, mosche, zanzare e passeri. Tale ambizioso progetto prese il nome di “Campagna di eliminazione dei quattro flagelli”.
La prima campagna a prendere inizio fu quella contro i passeri, ritenuti responsabili di frequenti razzie nei già miseri granai della Repubblica. Tutta la popolazione si lanciò in un’entusiasta guerra senza quartiere ai volatili: i giornali riportavano dettagliatamente l’andamento dei caduti, manifesti nelle strade incitavano a contribuire alla causa e per gli analfabeti fu studiato un gioco ideato per promuovere la campagna contro i quattro animali.
I passeri vennero uccisi a sassate, con armi improvvisate o da fuoco. Ogni nido di uccello trovato, senza discriminazione circa la specie di appartenenza, venne distrutto. La stima dei passeri abbattuti in Cina fra il 1958 e il 1960 si aggira tra gli otto ed i dieci milioni. Una delle inevitabili conseguenze a tale scelleratezza fu la prolificazione di insetti, compresi quelli dannosi per le colture, molto più voraci e difficili da debellare rispetto ai passeri.
La corsa ai ripari
Nel 1960 il governo cinese rettificò la lista dei flagelli sostituendo ai passeri le cimici dei letti ed iniziò ad importare passeri dall’Unione Sovietica. Nello stesso anno iniziò una delle più gravi carestie della storia della Cina moderna, che causò trenta milioni di morti. Anche le altre campagne non diedero gli esiti sperati, nonostante i danni causati da zanzare e ratti fossero effettivamente un’emergenza sanitaria da affrontare. Per contrastare gli insetti si ricorse a massicce quantità di DDT, distribuito nelle case e nei luoghi pubblici, spesso operando bambini. Verosimilmente questi trattamenti causarono più danni alle persone che agli insetti.
Per la derattizzazione veniva invece compensata ogni coda di topo che ne accertasse la morte, consegnata presso appositi uffici. Sembra però che alcuni contadini, sicuramente più lungimiranti dei funzionari di partito, iniziarono ad allevare i roditori. Quando emerse l’inganno anche la campagna contro i ratti venne sospesa.
“La passera comune abita in tutta l’Europa vicino ed anche nelle stesse case degli uomini. Vive di semi e di frutti. D’autunno sovente a forme assale gli alberi fruttiferi e le vigne, e dopo la seminazione toglie dai campi i semi. Quindi è un uccello infestissimo“.
(Giacomo G. Plenk, Fisiologia e Patologia delle piante. 1804)