Iniziamo una serie di articoli dedicati ai boschi italiani: quanto sono estesi, come sono composti e il loro stato di conservazione. In questo articolo introduttivo un pò di storia e qualche numero. L’uomo ha sempre avuto un apporto profondo, e complicato, con il bosco. Le foreste, infatti, hanno fornito all’uomo risorse indispensabili, come legna da ardere e materiale da costruzione, ma hanno anche rappresentato un nemico da combattere per ottenere terre coltivabili. Questo rapporto conflittuale tra uomo e boschi è stato particolarmente presente nella storia italiana, che ha visto alternarsi periodi di profonde utilizzazioni boschive, con una conseguente riduzione della superficie forestale, a periodi di abbandono delle terre coltivate, con una conseguente espansione dei boschi. L’importanza sociale ed economica del bosco può sembrare strana a noi uomini del XXI secolo, ma le foreste hanno rappresentato davvero una risorsa insostituibile nel passato.
Alcuni aneddoti possono essere citati per aiutare a calarci in quest’ottica; è il caso, ad esempio, della foresta del Cansiglio, situata tra le provincie di Belluno, Pordenone e Treviso, che è stata per secoli il “bosco da remi” della Repubblica di Venezia, sottoposto all’autorità di un Capitano Forestale che doveva sovraintendere alla cura del bosco e alla fornitura di materiale per i remi. Si può citare anche la provincia della Massa Trabaria, nell’Appennino centrale, che, lo dice il nome, forniva travi e materiale da costruzione allo Stato Pontificio.
Questa profonda utilizzazione dei boschi ha lasciato una traccia pesante nella composizione e nell’estensione delle foreste italiane, favorendo determinate specie arboree a discapito di altre, e modificando anche pesantemente le dinamiche naturali di questi ambienti.
A questi processi storici si è sommata, negli ultimi 60 anni, un nuova nuova fase evolutiva per i boschi italiani, determinata fondamentalmente dallo spopolamento delle zone montuose e collinari, che ha determinato l’abbandono di enormi superfici prima coltivate. Questo processo ha portato ad un aumento notevole della superficie boscosa italiana: nel 1950 i boschi coprivano circa l’11% della superficie italiana, mentre oggi superano il 30%, con oltre 600.000 nuovi ettari di boschi solo nel decennio 2005-2015.
Parallelamente i boschi hanno perso l’importanza sopracitata, con un conseguente abbandono delle foreste e una diminuzione delle pratiche di gestione forestale. Al giorno d’oggi gli interventi forestali sono prevalentemente di tipo conservativo, finalizzati alla rinaturalizzazione e al mantenimento dei boschi più che ad un loro uso produttivo; questo rispecchia la variazione (prevalente) nella valenza e nell’utilizzo dei boschi italiani: da economico-produttiva a naturalistica-ricreativa.
Questa questione è controversa: se da un punto strettamente naturalistico l’abbandono dei boschi può apparire un fatto positivo, per altri versi questo può generare una serie di problemi, tra cui la perdita economica di una risorsa, quella boschiva, che in altri paesi è molto più sfruttata, e problemi nella gestione di alcuni fenomeni come gli incendi (per approfondire questo dibattito).
Sono quindi questi gli elementi fondamentali per comprendere la composizione e lo stato di conservazione odierno dei boschi italiani:
- Una gestione molto intensa nei secoli passati
- Una fase attuale di espansione e in generale di abbandono
Questi due elementi permettono una valutazione generale dei boschi italiani, le cui caratteristiche principali possono essere così riassunte:
- Età mediamente giovane
- Scarsa presenza di foreste vetuste (con alberi secolari, poco intaccate dalle attività umane)
- Profondo segno delle attività umane passate
- Recente abbandono
Nei prossimi articoli approdondiremo, una per una, le varie tipologie di boschi presenti in Italia, con riferimento ai processi accennati in quest’articolo, che ne determinano fondamentalmente l’estensione, la composizione e lo stato di conservazione odierno.