Il consumo di alcolici è un’abitudine diffusa, ed ormai una consuetudine preoccupante soprattutto tra i giovani e gli adolescenti. Un rapporto ISTAT pubblicato nel 2015 avente come periodo di riferimento il 2014, rivela che il 63% della popolazione italiana di più di 11 anni ha consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno. Di questi, il 50,5 % beve vino, il 45,1% beve birra ed il 39,3% consuma aperitivi alcolici, amaro e superalcolici. I comportamenti considerati fonte di rischio per la salute sono sia il consumo abituale che il cosiddetto binge drinking.
La definizione standard di binge drinking è consumo di elevate di dosi di alcolici in un tempo breve, intervallate da periodi di consumo scarso o nullo. Tuttavia si tratta di una definizione di recente conio e l’interpretazione varia in base al relativo consumo abituale, che a sua volta varia in base al Paese, a fattori sociali e culturali. In alcuni Paesi dove si consumano abitualmente alcolici e superalcolici, la soglia per considerarsi in binge drinking è molto più alta rispetto a contesti dove non si consumano alcolici in maniera abituale.
Sempre nel rapporto ISTAT si rileva che consumo abituale eccessivo e binge drinking sono più frequenti tra gli over 65 e tra i giovani (18-24 anni) e gli adolescenti (11-17 anni). Tra questi ultimi, il binge drinking è praticato nei momenti di socializzazione , e ben il 14,5% della popolazione tra i 18 e i 24 anni è stata osservata mettere in atto binge drinking.
Uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori della Texas A&M Health Science Center College of Medicine e pubblicata sulla rivista Biological Psychiatry cerca di far luce sui meccanismi neuronali alla base di questi comportamenti per trovare possibili soluzioni.
Già in un precedente studio avevano rilevato che l’attivazione di neuroni di tipo D1 risulta in un incoraggiamento a ripetere l’azione che si sta compiendo. Quindi, in seguito all’assunzione di alcol, il segnale trasmesso era “bevi ancora”. I neuroni hanno dei recettori per la dopamina di tipo D1 (incoraggiamento) o di tipo D2 (inibizione). Attivando quindi i neuroni di tipo D2 in seguito all’assunzione di una dose di alcol, la risposta è “smetti di ripetere questa azione”.
Il Dott. Wang, autore principale dello studio dice che “almeno in relazione alla dipendenza da alcolici l’attivazione dei neuroni D2 è importante per la prevenzione di problemi derivanti da una assunzione patologica”.
Il problema è che anche in soggetti non clinicamente alcolisti, sono proprio i comportamenti patologici, come il consumo eccessivo ed il binge drinking che hanno l’effetto di disattivare i neuroni D2, per cui in assenza di un meccanismo inibitore, resta attivato solo il meccanismo incentivante: chi beve molto continuerà a farlo.
Test effettuati su animali hanno dimostrato infatti che cicli ripetuti di somministrazioni eccessive di alcol seguite da periodi di consumo nullo hanno portato ad un indebolimento delle connessioni neuronali D2, rendendo i segnali meno potenti e di fatto allenando gli individui a cercare attivamente alcolici.
La manipolazione di questo meccanismo, tramite l’attivazione indotta con medicinali o stimolazione elettrica dei neuroni D2 potrebbe condurre all’obiettivo ultimo della ricerca, dice il dott. Wang, che è quello di prevenire e correggere la dipendenza. Lo stesso autore specifica comunque che test sugli umani sono ben lontani dall’attuazione.
Resta da chiedersi se tale ingegnosa scoperta sia davvero una soluzione o se piuttosto,non si tratti di una toppa messa su uno strappo irreparabile, l’ammissione della sconfitta di fronte all’impossibilità di contenere a livello sociale le dipendenze in genere.
Di fronte al vero dato allarmante, l’età minima di riferimento ad 11 anni soltanto, induce a riflettere se unitamente a somministrazioni di medicine o stimolazioni elettriche a posteriori, non siano auspicabili interventi correttivi a livello sociale, in termini di modelli di riferimento più sani e di effettivo controllo delle possibilità di accesso da parte dei giovani e giovanissimi alle bevande alcoliche.
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Referenze
- ISTAT – “L’uso e l’abuso di alcol in Italia” Anno 2014
- Biological Psychiatry