Sono ormai 100 anni che investighiamo la capacità di generare corrente elettrica da parte dei microrganismi. In particolare, lo sviluppo di dispositivi in grado di utilizzare corrente elettrica generata dai batteri elettrogenici (MFCs, Microbial Fuel Cells) è in continua espansione, soprattutto nell’ottica di trovare nuove fonti energetiche sostenibili.
Microbial Fuel Cells (MFCs)
Le cellule batteriche acquisiscono energia principalmente attraverso processi di fosforilazione della catena di trasporto degli elettroni, mostrata sinteticamente in figura 1.
Gli elementi principali della catena sono:
- NADH/NAD+, intermedi metabolici che trasferiscono equivalenti ridotti nel citoplasma;
- QH2/Q in grado di trasferire gli equivalenti ridotti nella membrana;
- bc1 è il complesso che contiene il citocromo periplasmico c.

I dispositivi MFCs sono dispositivi per la generazione di elettricità accoppiati a ossidazione anaerobica di substrati organici.
La figura 2 mostra un esempio schematizzato di MFC: i batteri e i composti organici che verranno ossidati sono confinati in una camera anodica in cui sono mantenute condizioni anaerobiche. La camera catodica invece è mantenuta in condizioni aerobiche, con introduzione di O2. Le due camere sono separate da una membrana iono-selettiva, che provvede al trasferimento di protoni e impedisce all’ossigeno di entrare nella camera anodica, permettendo così di mantenere condizioni di anossia. Così facendo, l’unico modo che hanno gli elettroni per raggiungere l’accettore finale è attraverso la camera anodica e un circuito elettrico.

La chiave di questa tecnologia è proprio il trasferimento di elettroni a un elettrodo: ed è la presenza di trasportatori di elettroni esogeni a basso peso molecolare a essere considerata essenziale per il corretto funzionamento delle MFCs. Tuttavia, ricerche più recenti hanno mostrato che particolari consorzi microbici possono efficacemente generare elettricità senza mediatori esogeni, avendo contatto diretto con l’elettrodo o sintetizzando trasportatori endogeni. Questi organismi sono chiamati batteri elettrogenici.
Batteri elettrogenici
Nel 2002, Lovley et al. hanno studiato le comunità microbiche coinvolte nel funzionamento di una MFC creata un anno prima per generare corrente elettrica in una zona costiera. Analisi di sequenziamento molecolare hanno evidenziato che il campione era ricco di δ-proteobacteria, in particolare di batteri appartenenti alla famiglia delle Geobacteraceae.
Questi microrganismi anaerobici possono accoppiare l’ossidazione completa di composti organici alla riduzione di ossidi di ferro insolubili a composti ferrosi solubili. In particolare, i ricercatori hanno isolato una colonia della comunità microbica, identificata poi come Desulfuromonas acetoxidans.
Dopo questo isolamento, è stata disegnata una MFC con le seguenti caratteristiche:
- una camera anodica con una coltura pura di D. acetoxidans in acqua marina, priva di ossigeno, e arricchita con acetato;
- una camera catodica, contenente acqua di mare ossigenata.
La crescita batterica, determinata dal contenuto proteico, si è verificata contemporaneamente all’ossidazione dell’acetato (circa l’82% di acetato era stato ossidato); il batterio era stato in grado di accumulare energia per la propria crescita attraverso il trasferimento di elettroni a degli elettrodi.
D. acetoxidans è stato una dei primi batteri elettrogenici isolati e descritti: batteri simili sono stati riscontrati sempre nella famiglia delle Geobacteraceae, in particolare Geobacter metallireducens e G. sulfurreducens, e specie del genere Shewanella.
Meccanismi di trasferimento elettronico ad un elettrodo
Non abbiamo ancora compreso del tutto i meccanismi che si celano dietro questo trasferimento elettronico. Anche se notevoli sono le somiglianze tra la produzione di corrente nelle MFCs e la riduzione microbica degli ossidi metallici insolubili. Infatti, in entrambi i casi gli elettroni sono trasportati verso un substrato solido extracellulare. Come già riportato, tali trasporti possono avvenire o per contatto diretto tra la superficie cellulare e il substrato o indirettamente, attraverso mediatori esogeni o endogeni.
Tali meccanismi sono stati ampiamenti studiati nelle specie batteriche appartenenti al genere Shewanella e alla famiglia delle Geobacteraceae.
Trasferimento diretto di elettroni
Per il trasferimento diretto di elettroni, è necessario che questi raggiungano la membrana cellulare esterna: a tal proposito, già da studi del 1992, è stato dimostrato come il batterio Shewanella putrefaciens MR-1 sia in grado di accumulare, insolitamente, un quantitativo maggiore di citocromo c nella membrana più esterna rispetto a quella citoplasmatica (circa 4,4 volte in più), in condizioni di anaerobiosi. Studi successivi hanno rivelato che il citocromo localizzato nella membrana esterna, coinvolto nel trasferimento di elettroni agli ossidi metallici, è una proteina codificata dal gene omcB.
Trasferimento indiretto o “a distanza”
Altri batteri sia del genere Shewanella che Geobacter sono, invece, in grado di ridurre ossidi metallici insolubili “a distanza”. Geobacter sulfurreducens fu uno dei primi batteri che portarono alla scoperta di pili conduttivi, chiamati nanocavi. Il trasferimento elettronico, in questo caso coinvolge citocromi localizzati lungo i pili che si estendono anche per 10-20 micrometri. Essendo strutture conduttrici, i nanocavi possono formare sia connessioni elettriche con materiali insolubili, che accettano o donano elettroni, sia connessioni tra le cellule. Anche se la natura del materiale conduttivo all’interno dei pili e il loro meccanismo è ancora poco chiaro, sono state formulate ulteriori ipotesi circa il loro funzionamento.
Per esempio, potrebbero aumentare il volume disponibile per l’attività metabolica di batteri che riducono substrati insolubili oppure pili con lunghezza di 100 nm potrebbero infiltrarsi nei pori non accessibili del suolo per il trasferimento attraverso il contatto diretto con superfici batteriche.
Studi recenti hanno incluso questi ultimi all’interno di una nuovo gruppo, chiamato “cable bacteria“, che include appunto batteri in grado di generare e trasportare corrente elettrica lungo i loro filamenti anche per distanze di gran lunga superiori alla dimensione della cellula stessa.
Batteri elettrogenici nello spazio
Le conoscenze scientifiche sui batteri elettrogenici rappresentano una solida base per poter pensare alla produzione di energia per gestire non solo città ma anche stazioni spaziali. A tal proposito, gli astronauti della missione SpaceX CRS-15 della NASA condurranno un esperimento chiamato “Investigating the Physiology and Fitness of an Exoelectrogenic Organism under Microgravity Conditions” (Micro-12), assegnato al laboratorio in orbita. La ricerca ha avuto quindi l’obiettivo di investigare la fisiologia e l’idoneità di un batterio elettrogenico, quale Shewanella oneidensis MR-1, in condizioni di microgravità e valutare se quest’ultima possa essere o meno un limite nella formazione di biofilm del microrganismo, essenziale per il batterio stesso per connettersi e crescere.
Conclusioni
Dunque, continuare ad investigare il ruolo dei batteri elettrogenici e a implementare le tecnologie delle MFCs potrebbe risultare un ottimo investimento nell’ottica di produzione e consumo, anche se in piccola parte, di un’energia elettrica sostenibile sia sul nostro pianeta che nei viaggi spaziali.
Bibliografia
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