Il termine apoptosi è forse tra le parole, in ambito biologico, più conosciute dagli “addetti ai lavori” e non. Il termine fu coniato nel 1972 dai ricercatori Kerr, Wyllie e Currie (per il nome si ispirarono al termine greco apoptosis che indica la caduta delle foglie dai rami). Coloro che però scoprirono il processo e lo descrissero per primi furono Brenner, Hovitz e Sulston che vinsero il Nobel nel 2002. La prima distinzione da fare è quella tra apoptosi e necrosi.
Cosa è l’apoptosi?
Il primo è un processo di morte cellulare programmata che può quindi essere definito fisiologico, ovvero richiesto dall’organismo.
Basti infatti pensare al ciclo mestruale: esso è dovuto all’apoptosi delle cellule dell’endometrio uterino che mensilmente si sfalda in seguito a diminuzione della quantità degli ormoni estradiolo e progesterone. Un altro esempio è la perdita del tessuto interdigitale dell’embrione umano che nascerebbe altrimenti “palmato”.
Importante è anche il suo ruolo nel “mandare la cellula a morte” nel momento in cui la celebre p53, gene di controllo nella duplicazione del DNA, individui eventuali errori con conseguenze tumorali. Dunque si capisce come l’apoptosi sia un processo necessario al corretto sviluppo dell’organismo.
Cosa è la necrosi?
E’ una morte cellulare NON programmata, ma di natura patologica. Essa infatti porta alla morte di tessuti, componenti o addirittura di interi organismi. Può essere causata sia da patologie, quale il morbo di Parkinson, che da infezioni parassitarie. Quindi saper utilizzare correttamente i termini risulta essere fondamentale.
Aspetto molecolare
Le prime ricerche riguardo l’apoptosi furono svolte sul nematode Caenorhabditis elegans, data la sua “semplicità ” genetica. Infatti il primo genoma di un organismo pluricellulare ad essere totalmente mappato fu proprio il suo.
Durante il suo sviluppo circa 959 cellule raggiungono lo sviluppo completo, circa 131 vanno incontro ad apoptosi. Il processo molecolare che vi è alla base ha posto le basi per la comprensione di quello umano.
Il meccanismo è iniziato dal gene ced-9 che trascrive l’omonima proteina che, legando la “collega” CED-4, la inattiva. Questa inibiva CED-3 che ora è invece “libera” di attivare le proteasi, enzimi proteolitici, che danno inizio al processo.
Via Intrinseca e Via EstrinsecaÂ
Nell’uomo il processo è simile; bisogna solo distinguere la differenza tra le due vie. Questi non sono processi tra loro diversi se non per le modalità di attivazione.
- Con Via Intrinseca si intende una serie di segnali intracellulari, quale quello proveniente dal gene p53.
- Con Vie Estrinseche si intende una serie di fattori segnale esterni la cellula. I principali sono il TNF e il “ligando di Fas”, espresso sui linfociti T attivi.
Quando tali segnali legano i recettori di membrana TNF-R1 e Fas si attivano delle componenti multiproteiche chiamate FADD e TRADD, le quali attivano le caspasi, anch’esse proteasi. La prima è la caspasi 8 che attiva la caspasi 3 la quale, entrando nello spazio intranucleare, taglia il legame tra ICAD e la DNasi responsabile della degradazione del DNA, che viene dunque attivata.
Se si tratta di Via Intrinseca, le caspasi sono attivate dal Citocromo C, fondamentale nella respirazione cellulare. Questo normalmente si trova nello spazio mitocondriale esterno; riesce però ad uscire attraverso il canale ionico Bax grazie alla defosforilazione di una proteina di membrana mitocondriale chiamata Bad che “libera” Bax legando Bcl1 e Bcl2, i quali la “chiudevano”.
Questa appena illustrata, seppur abbastanza complessa, è solo una sintesi di un processo talmente complesso da necessitare di molte ricerche che ancora non ne rivelano la totalità dei meccanismi. Dunque si capisce come sia fondamentale studiarla soprattutto per cercare di applicarla a patologie quali i tumori ed eventuali malattie infettive, inducendo le cellule malate a cominciare il processo apoptotico.