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Api selvatiche e giardinaggio bee-friendly

Molti insetti svolgono il ruolo fondamentale di impollinatori e permettono quindi la riproduzione delle piante; non solo, ma essi risultano utili anche per l’uomo. Senza l’impollinazione, infatti, molti prodotti commestibili (come la frutta) verrebbero a mancare. Inoltre, l’uomo usufruisce anche di altri servizi ecosistemici che le piante offrono, dipendendo così dall’impollinazione anche in maniera indiretta. Il recente declino degli insetti[1], però,  all’interno del contesto della sesta estinzione di massa, ci spinge sempre di più a prendere parte attivamente per la salvaguardia di questi animali: in quest’ottica rientrano ad esempio le aree verdi urbane, il giardinaggio bee-friendly e la costruzione di nidi o rifugi per insetti.

Nonostante l’ape da miele (Apis mellifera) sia recentemente oggetto dell’attenzione mediatica per le dilaganti malattie causate dal parassita Varroa, il vero problema ecologico riguarda le api selvatiche. Queste api stanno infatti fronteggiando la crisi maggiore, poiché sono loro le più colpite dalla perdita di habitat e dal cambiamento dell’uso del suolo. Per le sue peculiarità, l’ape da miele risulta poco comparabile (in termini di ecologia, etologia e status di conservazione) rispetto alle restanti api ed è per questo spesso trattata separatamente e non inclusa all’interno della denominazione insetti impollinatori selvatici.

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Quali sono le specie di api selvatiche?

Le api sono tutti gli insetti appartenenti alla superfamiglia apoidea, un raggruppamento di imenotteri. Tuttavia, l’immagine che viene comunemente evocata con il termine ape è quella di Apis mellifera, ossia della comune ape da miele allevata in arnie per la produzione di miele o cera. Questa associazione è tuttavia riduttiva: nel mondo esistono circa 20 000 specie diverse di api.

Le api hanno distribuzione ubiquitaria, fatta eccezione per l’Antartide, e la maggior diversità si trova in ambienti temperati, come la macchia mediterranea[2]. Delle circa 20 000 specie di api esistenti al mondo, il 10% è presente in Europa.

Le api selvatiche europee sono suddivise in sei famiglie:

  • Andrenidae;
  • Apidae;
  • Colletidae;
  • Halictidae;
  • Megachilidae;
  • Melittidae.

Con oltre 500 specie, la famiglia Apidae è la più popolosa, mentre si contano meno di 40 specie nella famiglia Melittidae[2-4-8].

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Famiglia Andrenidae

In Europa, nella famiglia degli Andrenidae si distinguono principalmente due generi, Andrena e Panurgus. Queste api possono nidificare in larghe aggregazioni e scavano i nidi in terreni sabbiosi, spogli o scarsamente vegetati. Le loro dimensioni variano molto, da circa 6 fino a 17 mm, e la cuticola è solitamente nera. Infine, le api della famiglia Andrenidae presentano la scopa (ossia l’organo per la raccolta del nettare) sulle zampe posteriori[2-4].

Famiglia Apidae

Nella famiglia Apidae rientrano una grandissima varietà di api ed è presente tutto lo spettro di socialità. Si trovano ad esempio le cosiddette api cleptoparassite, ossia quelle che rubano il nido di altre specie di api. Alcuni esempi di questo gruppo sono le api appartenenti ai generi Nomada, dalla colorazione molto accesa che le fa assomigliare alle vespe, o Melecta, caratterizzate da cuticola nera e ciuffi di peli bianchi.

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Inoltre, appartengono a questa famiglia anche molte api solitarie, come quelle del genere Xylocopa (api legnaiole), grosse api scure che nidificano nel legno, e quelle del genere Anthophora, api mediamente grandi (1 cm) con una folta peluria e un caratteristico volo rapido e a scatti.

I bombi (genere Bombus) sono un gruppo di api tra le più carismatiche dopo le api da miele. Appartengono anch’essi alla famiglia Apidae e all’interno di questo genere troviamo forme di socialità piuttosto complesse, come per le colonie di Bombus terrestris B. pascuorum, due delle specie più facilmente riconoscibili e presenti anche in ambienti urbani. Non mancano però anche qui forme di parassitismo, con molti bombi che parassitano il nido di altre specie (essi vengono definiti in inglese cockoo-bumblebees); un esempio di questo tipo è rappresentato da B. vestalis.

Alla famiglia degli apidi appartengono anche le api con il maggior livello di socialità, ossia quelle appartenenti al genere Apis (ape da miele)[2-4].

Famiglia Colletidae

Della famiglia Colletidae, in Italia troviamo solo i generi Colletes e Hylaeus, che presentano entrambi specie di dimensioni medio-piccole (meno di 1 cm). Questa famiglia presenta la particolarità di sigillare i nidi con una sostanza collosa e impermeabile secreta dalla ghiandola di Dufour, situata nella porzione addominale dell’ape.

Le api del genere Colletes si presentano spesso con il torace peloso e l’addome ricoperto da bande pelose chiare.

Le api del genere Hylaeus sono invece di pochi millimetri e presentano una pelosità scarsissima. La loro cuticola è nera e presenta delle macchie gialle sulle zampe e sul capo (specialmente nei maschi). Essendo prive di pelosità, le femmine trasportano il polline all’interno dell’apparato digerente[2-4].

Famiglia Halictidae

Nella famiglia Halictidae, così come negli Apidae, troviamo una vasta gamma di socialità.

Il genere Sphecodes presenta api di colorazione scura con sfumature rosse, prive di pelosità e cleptoparassite di altri due generi, Lasioglossum e Halictus.

Nel genere Lasioglossum troviamo api di piccole dimensioni (meno di 1cm) e alcuni esempi della più alta socialità al di fuori delle api da miele. L. malachurum presenta ad esempio colonie con una divisione in caste ma in cui il differenziamento morfologico è poco marcato.

Nel genere Halictus troviamo infine api più grandi (più di 1 cm), come H. scabiosae. Queste api hanno una cuticola nera e l’addome ricoperto da una folta bandeggiatura di peli. Le zampe posteriori di queste api sono spesso ricoperte da cospicui apparati di raccolta del polline[2-4].

Famiglia Megachilidae

La particolarità della famiglia Megachilidae è quella di presentare la scopa sulla parte ventrale dell’addome e non sulle zampe posteriori. I megachilidi possono essere piuttosto grandi, spesso oltre 1 cm, e nidificano in cavità precostituite. Alcuni dei generi più carismatici sono Megachile, Osmia e Anthidium.

Le api del genere Megachile sono conosciute con il nome di taglia-foglie, poiché presentano grandi mandibole con cui tagliano pezzi di foglie per tappezzare e sigillare il proprio nido.

Le api del genere Osmia sono molto comuni e sono le prime api selvatiche che solitamente si vedono a primavera, in quanto iniziano la loro attività di foraggiamento già a marzo. Queste api nidificano in cavità di muri o pareti e sigillano l’ingresso con materiale terroso.

Anthidium è un genere che presenta api molto grosse, con una colorazione giallo-nera molto evidente. In questo genere i maschi sono più grandi delle femmine, cosa che non avviene per le altre api. Anch’esse costruiscono il nido in cavità precostituite, tappezzando e sigillando l’entrata con lanugine e altri materiali fibrosi di origine vegetale.

Tra i megachilidi troviamo anche api cleptoparassite come quelle del genere Coelioxys, che presentano un addome appuntito molto caratteristico[2-4].

Famiglia Melittidae

In Italia, esistono poco meno di 20 specie appartenenti alla famiglia Melittidae. Un genere molto caratteristico è Dasypoda: queste api scavano nidi in terreni sabbiosi e sono riconoscibili per l’esagerata scopa che portano sul terzo paio di zampe. Gli altri due generi presenti in Italia sono Macropis e Melitta (da cui deriva il nome della famiglia)[2-4].

api selvatiche diversità
Fig. 1 – Alcuni esempi di api selvatiche. (in ordine alfabetico, di: Dick Belgers, Wikipedia; Steven Falk, Beewars; Pyrhan, Wikipedia; Hectonichus, Wikipedia; Wikimedia commons; Hulterstad, Flickr)

Ciclo di vita delle api selvatiche

Le api sono insetti olometaboli, ossia presentano un processo di metamorfosi completa: il ciclo di vita di un’ape parte dall’uovo, da cui sguscia una larva; la larva attraversa quindi cinque stadi larvali prima di impuparsi; la pupa è la fase in cui avviene la metamorfosi e da essa si origina la forma adulta dell’insetto[3]Il sesso delle api è determinato dal loro corredo genetico: uova fecondate (ossia in cui è avvenuta l’unione di spermatozoo e ovocellula) originano individui femmina, mentre uova non fecondate producono individui maschi.

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Il processo di sviluppo di un’ape si svolge interamente all’interno di un nido e avviene tipicamente durante la brutta stagione. L’ape adulta, infatti, emerge dal proprio nido in primavera o estate, quando le temperature alte e le fioriture le permettono facilmente di accumulare cibo per sé e per la futura nidiata. Solitamente, i maschi emergono prima rispetto alle femmine, così da favorire l’accoppiamento.

Generalmente, le api selvatiche adottano un approccio coercitivo alla copulazione. Non vi è infatti un corteggiamento da parte del maschio né un display di caratteristiche fisiche per attirare le partner sessuali. I maschi già emersi, piuttosto, si assembrano nei dintorni del nido o pattugliano una zona ricca di fiori in attesa nelle femmine. Una volta che le femmine emergono, vengono assalite dagli individui maschili che cercano di accaparrarsi il miglior spot per la riproduzione. In questo processo, la femmina non sceglie il maschio, sebbene possa comunque dimenarsi o tentare di scappare. Una volta che la femmina è stata fecondata solitamente non viene più disturbata dai maschi e può iniziare l’attività di foraggiamento e nidificazione. Una volta completato e rifornito, il nido viene sigillato dalla femmina, che nella maggior parte dei casi muore con l’arrivo della stagione invernale[3].

Il ciclo di vita di Apis mellifera non rispetta questo schema generale, in quanto la specie è strutturata in caste sociali (reali, operaie e fuchi)[3].

Nidificazione

La costruzione nel nido nelle api selvatiche è affidata agli individui di sesso femminile che, una volta avvenuto l’accoppiamento, iniziano l’attività di raccolta del polline e della deposizione delle uova. Contrariamente ad Apis mellifera che vive praticamente solo all’interno delle arnie, le api possono nidificare in diversi ambienti, utilizzando tane scavate nel terreno (burrow) o cavità pre-esistenti (cavity)[3].

Le api che scavano attivamente il nido sono generalmente chiamate api scavatrici (mining bees) ed appartengono soprattutto al genere Andrena, sebbene se ne trovino anche tra i generi Lasioglossum, Anthophora e Megachile. I nidi di queste api sono solitamente costituiti da un vestibolo da cui si diramano corridoi laterali terminanti in una celletta. Ciascuna specie ha il suo terreno preferito: dalle superfici sabbiose alle sponde argillose, dai margini dei campi agli argini dei fiumi.

Le api che utilizzano cavità pre-esistenti sono tipicamente della famiglia Megachilidae, ma se ne trovano anche tra le api legnaiole (Xylocopa). Come nel caso di Osmia, queste api nidificano in cavità precostituite come buchi e fessure dei muri delle case. La cavità non è altamente modificata e all’interno ciascun uovo è deposto in un setto separato dagli altri con una scorta di cibo. Una volta riempita, la cavità viene sigillata e la femmina passa alla ricerca di un nuovo luogo. In altri casi, come quelli delle api del genere Megachile, la cavità è modificata dall’ape con dei pezzi di foglia con cui viene foderato il nido[3].

Alimentazione

Le api selvatiche dipendono strettamente dai fiori in quasi tutte le fasi di sviluppo: le larve si nutrono del polline, mentre gli adulti si nutrono di nettare.

In base alla dieta specifica, le specie vengono classificate come oligolettiche o polilettiche. Le specie oligolettiche foraggiano solo su un limitato numero di piante, tipicamente appartenenti allo stesso genere o alla stessa famiglia. Le specie polilettiche, invece, hanno una dieta più generalista e si nutrono su una più vasta quantità di piante.

Durante il foraggiamento, le api si sporcano di polline ed in questo modo garantiscono un’impollinazione incrociata alle specie visitate[3].

Interazioni sociali

Solo una minima parte delle specie di api si assembra in colonie con caste e con una rigida suddivisione dei compiti. Gran parte delle specie è infatti definita solitaria proprio perché non passa la vita adulta in gruppi numerosi.

In base al livello di socialità, le api possono essere distinte in:

  • eusociali;
  • sociali;
  • gregarie
  • solitarie;
  • cleptoparassite.

Api eusociali

Comprendono quelle specie che vivono in una colonia e in cui si osserva una suddivisione funzionale e morfologica in caste: un individuo è fertile (la regina) mentre gli altri sterili (operaie, bottinatrici), come avviene nelle api da miele. Tra le api selvatiche, questa strutturazione non si riscontra. Esistono però alcune specie di Lasioglossum e di Halictus, oltre che quelle del genere Bombus, che presentano una strutturazione primitivamente-eusociale, ossia che comporta una strutturazione in caste meno complessa di quella che si trova nelle api da miele.

Api sociali

Nidificano in gruppo e le femmine fertili possono anche essere sorelle, ma non è presente una regina. A seconda dei vari gradi di socialità può esserci o meno una divisione dei compiti. Alti livelli di socialità possono anche essere definiti come primitivamente eusociali. Il genere Lasioglossum è un esempio di questo tipo.

Api gregarie

Nidificano in una struttura comune, ma ciascun individuo provvede al proprio nido e alle proprie uova. Alcune api dei generi Andrena e Magachile possono essere ritenute gregarie. Le aggregazioni, specialmente se in zone molto favorevoli, possono raggiungere anche il centinaio di individui.

Api solitarie

Ciascuna femmina è fertile, provvede alla costruzione del proprio nido e all’approvvigionamento di polline. Api di queste tipo solo quelle dei generi Osmia e alcune specie dei generi Megachile e Xylocopa.

Api cleptoparassite

Non costruiscono il proprio nido ma sfruttano quello costruito da altre specie per deporvi le proprie uova. Le api cleptoparassite sono spesso riconoscibili poiché la femmina è priva di peli per la raccolta del polline. Infatti, queste api sfruttano le risorse raccolte dall’ospite per nutrire le proprie larve. Anche la colorazione è distintiva: queste api hanno solitamente un aspetto lucido con delle punteggiature gialle o nere che spesso le rendono simili a vespe. Le larve di queste api sono dotate di mandibole con cui uccidono le prede e a volte si nutrono anche dell’uovo o della larva ospite. Esempi di cleptoparassiti sono le api del genere Nomada, Coelioxys e Sphecodes.

La divisione non è sempre così netta, poiché le condizioni ambientali e la disponibilità di risorse possono fortemente influenzare i comportamenti e le strategie di nidificazione delle api. Appare comunque evidente che un livello di eusocialità alto come quello del genere Apis non è certamente la regola. La maggior parte delle api è infatti solitaria o gregaria[3, 5, 6].

api selvatiche nidi
Fig 2 – A) Osmia cornuta lavora al proprio nido, B) un’aggregazione di Colletes, C) Nomada sp.: un cleptoparassita. (Fonti: A) #tatenfuermorgen; B) David_W_1971, Flickr; C) Darkone, Wikipedia)

Salvaguardia delle api selvatiche

La crescente urbanizzazione e l’agricoltura intensiva mettono a rischio la sopravvivenza di molte api selvatiche. Infatti, nonostante l’ape da miele sia sempre più diffusa grazie all’apicoltura, le restanti specie di api sono spesso minacciate da questi cambiamenti ambientali. Soprattutto in città, molte azioni possono favorire la creazione di piccole oasi di ambiente favorevole alle api, sostenendone così le popolazioni che si ritrovano a dover fronteggiare perdite di habitat.

Giardinaggio bee-friendly

Le api si affidano ai fiori come principale fonte di cibo. Affinché questi organismi possano prosperare è dunque essenziale che ci sia un’abbondante disponibilità di fiori su cui poter foraggiare.

Bastano un semplice balcone o un davanzale per poter piantare molte delle piante attrattive per le api. Api differenti sono attratte da differenti varietà di fiori e hanno differenti periodi di attività; non esiste quindi una singola pianta che possa favorire tutti questi animali contemporaneamente.

Dato che specie diverse emergono dal nido in tempi differenti, un giardino che voglia definirsi bee-friendly deve possedere sia fiori primaverili, che fiori estivi, che fiori più tardivi. In questo modo, il giardino avrà durante tutto l’anno qualche pianta in fiore, che lo renderà anche più bello.

Per far sì che i fiori attraggano la maggior parte delle api è spesso consigliato utilizzare varietà spontanee e autoctone, spesso di asteracee come il tarassaco e il girasole,  o lamiacee come la lavanda e il rosmarino; due famiglie largamente visitate.

Alcuni esempi di piante primaverili sono la primula (Primula vulgaris) e alcune viole (Viola odorata). La margherita (Bellis perennis), il tarassaco (Taraxacum officinalis) e i trifogli (Trifolium repens, T. pratense) offrono invece fioriture più durature. Sono inoltre molto appetibili alle api piante officinali come la borragine (Borrago officinalis), il rosmarino (Rosmarinus officinalis), la valeriana (Valeriana officinalis) e altre. Con queste ultime si potrà creare un piccolo angolo di piante aromatiche e di uso culinario fornendo parallelamente nutrimento alle api[3, 4].

Una lista di piante utili alle api selvatiche e con il loro relativo periodo di fioritura è disponibile sul sito beewatching.it.

Se si dispone di spazi più ampi si può pensare, oltre alla piantumazione, di intraprendere anche altre azioni. In particolare, sarebbe molto benefico per le api mantenere una zona di prato incolta, possibilmente con fiori spontanei.

Arricchendo questa zona selvatica con pezzi di legno forati e superfici sabbiose o terrose libere si favorirebbe non solo l’arrivo ma anche la possibile nidificazione di alcune specie.

Gestione degli spazi urbani

Nelle città, uno dei grossi problemi che le api affrontano è la costante manutenzione degli spazi verdi. Con frequenti falciature, i prati risultano infatti impoveriti di risorse fiorali. Inoltre, essendo questi interventi spesso sincronizzati su ampie aree, le aree verdi cittadine si trovano improvvisamente in assenza di fiori.

Per favorire le api, si dovrebbero ridurre gli interventi di falciatura, con conseguenti costi di gestione ridotti. Un’altra opzione è quella di praticare falciature sfalsate: anziché operare su un’ampia superficie, ciascuna porzione di prato potrebbe essere falciata in momenti diversi. In questo modo, si garantirebbe una regolare manutenzione ma al contempo si avrebbero sempre degli spot di fiori e vegetazione incolta[3, 7].

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Nidi per api selvatiche

Oltre alle risorse per nutrirsi, le api hanno anche bisogno di luoghi in cui poter nidificare. Esistono diverse modalità per fornire un luogo di nidificazione alle api selvatiche. Molto spesso, queste soluzioni si adattano a diversi contesti urbani e abitativi, in quanto non prevedono grossi ingombri di spazio. Va precisato che la costruzione di rifugi si rivolge principalmente a quelle specie che nidificano in cavità precostituite.

Le specie che scavano nidi nel terreno richiedono delle superfici di terreno spoglio, con una componente sabbiosa e ben esposto al sole. Questi tipi di nidi richiedono però maggior spazio e non sempre risultano efficaci.

Per i nidi costituiti da cavità, l’idea di base è quella di fornire una struttura solida, esposta al sole, provvista di fori e possibilmente di una tettoia per schermare la pioggia. La struttura deve essere sufficientemente profonda, almeno una decina di centimetri, per poter essere sfruttata dalle api. Il diametro dei nidi può essere variabile, da 5 a 15mm: diverse dimensioni attireranno verosimilmente api di dimensioni diverse. Il nido va poi posizionato né troppo vicino al suolo né eccessivamente in alto: l’altezza uomo può essere una buona indicazione.

Nei negozi online esistono molti nidi prefabbricati: basta digitare banalmente “bee hotels” o “nidi per api selvatiche“. Più interessante è invece la versione fai-da-te, che magari impiega anche materiali di riciclo: in questo modo si può creare una struttura adatta ai propri spazi e dare anche libero sfogo alla fantasia. Procedendo per tentativi, si riuscirà in breve tempo ad inquadrare le caratteristiche migliori per la zona prescelta. Va da sé che nessuna struttura prefabbricata o costruita personalmente garantirà comunque l’arrivo di api[4].

Conclusioni

Il mondo delle api è più vasto di quanto si pensi e ce se ne accorge solamente quando si impara cosa guardare. Per toccare con mano questo affascinante mondo basta prendersi un’ora di un pomeriggio soleggiato da passare in un prato fiorito. In ogni angolo si può scoprire una diversità inaspettata. Senza gli interventi necessari sul piano delle politiche economiche ed ambientali, rischiamo di dover dire addio a una grossa fetta di questa diversità.

Referenze

  1. Hallmann, C. A., et al. (2017). More than 75 percent decline over 27 years in total flying insect biomass in protected areas. PloS one12(10), e0185809;
  2. Michener, C. D. (1979). Biogeography of the beesAnnals of the Missouri botanical Garden, 277-347;
  3. Ted Benton (2017). Solitary Bees. Pelagic Publishing;
  4. beewatching.it;
  5. Ricciarelli D’Albore G., Intoppa F. (2000) Fiori e api. La flora visitata dalle api e dagli altri apoidei in Europa. Bologna, Calderini Edagricole;
  6. Charles D. Mechener (2007). Bees of the World. The Johns Hopkins University Press;
  7. Wenzel, A., et al. (2020). How urbanization is driving pollinator diversity and pollination–A systematic review. Biological Conservation241, 108321;
  8. European Redlist (European Commission) – Introduction to bees.

Immagine di copertina di Andrea Ferrari.

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