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Anticorpi monoclonali: cosa sono e dove trovano applicazione

Gli anticorpi monoclonali sono anticorpi prodotti da un singolo clone. Questo vuol dire che sono prodotti da una popolazione di cellule geneticamente uguali perché derivate da una singola cellula madre e capaci di riconoscere una sola struttura antigenica.

Cosa sono gli anticorpi

Un anticorpo è una proteina prodotta da un linfocita B in seguito a stimolazione antigenica derivante dal riconoscimento di un elemento estraneo da parte del sistema immunitario. Ogni anticorpo si compone strutturalmente di quattro catene polipeptidiche, due delle quali leggere e identiche e due pesanti ad alto peso molecolare. All’estremità di ogni catena vi è una regione variabile, capace di riconoscere l’antigene in maniera altamente specifica.

Ogni anticorpo ha una porzione costante che ne determina la classe e le sue funzioni nell’organismo. Di fatti, gli anticorpi appartengono alla classe delle proteine definite “immunoglobuline. Di queste, esistono cinque classi distinte per struttura[1, 3].

Produzione degli anticorpi monoclonali

Gli anticorpi monoclonali possono essere ottenuti mediante la tecnica dell’ibridoma. Tale tecnica fu ideata da Milstein & Kohler nel 1975 e si articola in una serie di fasi sequenziali:

  1. immunizzazione;
  2. scelta del mieloma;
  3. fusione;
  4. crescita selettiva dell’ibridoma;
  5. screening per l’anticorpo;
  6. clonazione;
  7. caratterizzazione dell’anticorpo;
  8. produzione di anticorpo.

Nel topo viene indotta la risposta immunitaria verso uno specifico antigene, somministrando quest’ultimo nell’animale[1]. Dopodiché dalla milza o dai linfonodi vengono isolati i linfociti B prodotti[2]. Tali linfociti verranno posti in terreni di coltura con cellule di mieloma non producenti anticorpi per la loro fusione[3].

Il terreno di coltura modificato fa sì che solo gli ibridomi (cellule derivanti dalla fusione) possano sopravvivere[4]. Gli ibridomi hanno due particolarità:

  1. produrre anticorpi specifici;
  2. proliferare all’infinito.

Ricorrendo a tecniche come l’ELISA si effettua uno screening per l’anticorpo[5].

Le cellule selezionate vengono poi seminate per essere clonate[6] velocemente per evitare la formazione di varianti non producenti anticorpi. L’anticorpo monoclonale finale viene caratterizzato mediante studi di specificità e con l’identificazione della classe[7].

Infine, l’anticorpo monoclonale potrà essere congelato oppure prodotto in vitro o in vivo[8]. Ogni ibridoma clonato sarà in grado di produrre uno specifico anticorpo monoclonale capace di reagire con l’antigene che ne ha determinato la formazione[3].

Come funzionano

In generale, la funzione di un anticorpo è quella di riconoscere e legare in maniera specifica tutte le sostanze estranee all’organismo quali virus, tossine e batteri, definiti antigeni. Una volta legato quest’ultimo, si induce la risposta immunitaria e di conseguenza la sostanza estranea verrà eliminata. Tutti gli anticorpi presentano una conformazione peculiare a Y, dove si identificano due regioni[1, 3]:

  • FAB (fragment antigen binding), la porzione variabile avente il sito di legame per l’antigene permette un’azione diretta, ad esempio l’inibizione di una tossina;
  • FC (fragment crystallizable), la porzione costante, agisce in maniera indiretta interagendo con altre molecole, ad esempio inducendo fagocitosi o citotossicità cellulare anticorpo-dipendente.

I diversi tipi

È possibile classificare gli anticorpi monoclonali in base alla loro origine, distinguendo quattro classi:

  1. murini, ottenuti mediante la tecnica dell’ibridoma, presentano il suffisso -OMAB;
  2. chimerici, aventi una regione variabile murina e una regione costante umana, hanno suffisso -XIMAB;
  3. umani, interamente originati da cellule umane mediante la tecnica del “phage dysplay”, con suffisso -UMAB;
  4. umanizzati, derivano da cellule umane eccetto la parte che si lega all’antigene e hanno il suffisso -ZUMAB.

Un’ulteriore distinzione può essere effettuata sulla base della coniugazione o meno con altre molecole, quindi:

  • nudi, cioè non coniugati e che agiscono direttamente;
  • coniugati, ovvero legati a sostanze radioattive o farmaci[1].

Nomenclatura

Gli anticorpi monoclonali hanno una propria nomenclatura, nella quale si usano differenti parti della parola a seconda della funzione e della struttura. In genere, tutti gli anticorpi monoclonali terminano con la desinenza -MAB[1].

Esempio: CETUXIMAB

CE: Prefisso

TU: Target (tumori)

XI: Origine del prodotto (chimerico)

MAB: Suffisso

Applicazione in diagnostica

Il loro uso in laboratorio permette di identificare e quantificare in maniera altamente specifica un determinato analita, di conseguenza servono per[3, 4]:

  • identificare agenti patogeni quali virus, batteri e tossine;
  • individuare la conformazione di una proteina;
  • analizzare una data cellula;
  • effettuare la tipizzazione di un tessuto tumorale;
  • l’immunodiagnostica come reagenti;
  • lo studio di antigeni convolti in patologie autoimmuni.

Applicazione in terapia

Sono a disposizione una vasta gamma di anticorpi monoclonali. Tuttavia, non tutti trovano applicazione in terapia. Non tutti, infatti, superano i test di efficacia durante la sperimentazione clinica.

Ovviamente la loro efficacia dipende da una serie di fattori quali:

  • caratteristiche dell’antigene;
  • la funzione;
  • e la sua densità a livello cellulare.

Ad oggi non vi è un protocollo standard nel loro uso, infatti possono essere somministrati come monoterapia o in associazione con altri chemioterapici. Possono essere impiegati in patologie, quali[2, 4, 5]:

  • artrite reumatoide o morbo di Crohn, in quanto riconoscono come antigene la citochina pro-infiammatoria, TNF-alfa (es. INFLIXIMAB);
  • linfoma non Hodgkin o patologie autoimmuni, con un’azione immunodepressiva agendo su linfociti B e T (es. RITUXIMAB);
  • asma allergico, grazie al legame con IgE nell’uomo(es. OMALIZUMAB);
  • malattie oncologiche, quali tumore al colon, bloccando alcuni fattori di crescita, come ad esempio il Fattore di crescita dell’epidermide o il Fattore di crescita dell’endotelio vascolare (es. CITUXIMAB);
  • COVID-19, per via della capacità di legare la proteina Spike del virus impedendogli di attaccarsi di conseguenza alla cellula umana (es. CASIRIVIMAB-IMDEVIMAB).

Vantaggi e svantaggi del loro uso

Per quanto riguarda i vantaggi degli anticorpi monoclonali bisogna considerare[1, 3]:

  • specificità;
  • produzione su larga scala a partire da un singolo clone;
  • virtualmente immortali grazie alla riclonazione;
  • assenza di variazione tra lotti e possibilità di titoli elevati;
  • possibilità di congelamento e riutilizzazione.

Invece, tra gli svantaggi di questi anticorpi possiamo individuare:

  • costi e tempi di produzione elevati;
  • possibile perdita di cromosomi;
  • eccessiva specificità;
  • difficoltà nell’estrazione e purificazione.

Referenze

  1. Diamond B.A., et al.: Monoclonal Antibodies. The Engl. J. Med.
  2. Cuttita F., et al.: Monoclonal Antibodies that emonstrate specificity for several types of human lung cancer.
  3. McGregor A.M.: Monoclonal Antibodies, production and use. Brit. J. Med.
  4. Peterson NC., Advances in monoclonal antibody technology: genetic engineering of mice, cells and immunoglobulin.
  5. Uso degli anticorpi monoclonali per COVID-19. AIFA.
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