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Anemia falciforme

Cause, sintomi e trattamenti

La drepanocitosi, più nota come anemia falciforme, è una malattia genetica del sangue che si manifesta a carico dei globuli rossi. La malattia insorge per difetti a carico del gene dell’emoglobina, una proteina fondamentale per il trasporto dell’ossigeno da parte dei globuli rossi, attraverso il circolo sanguigno. La presenza di mutazioni nel gene dell’emoglobina causa la produzione da parte delle cellule di una proteina aberrante. L’emoglobina patologica prende il nome di emoglobina S e questo nome è dovuto al fatto che i globuli rossi che la contengono tendono ad assumere una forma fusiforme, simile ad una falce.

Fisiologicamente la forma di un globulo rosso è arrotondata e la sua superficie risulta essere liscia, ciò garantisce loro di poter attraversare i vasi sanguigni di minor calibro, i capillari, fino ad arrivare agli organi e i tessuti scaricando l’ossigeno che verrà utilizzato dalle cellule nella fosforilazione ossidativa. La tipica forma a falce del globulo rosso rende loro difficoltoso l’ingresso nei capillari e il raggiungimento di organi e tessuti. Inoltre, questi globuli rossi aberranti possono proprio occludere i piccoli vasi determinando una sintomatologia dolorosa oltre che un danno tissutale.

In media un globulo rosso sopravvive 120 giorni, ma in queste condizioni, i globuli rossi alterati vengono rapidamente eliminati nella milza (dopo una decina di giorni), determinandone un abbassamento del numero nel circolo sanguigno. La riduzione del numero di globuli rossi nel sangue prende il nome di anemia[1].

Cause

L’anemia falciforme è una malattia genetica a eredità autosomica recessiva, pertanto affinché il fenotipo patologico si manifesti è necessario che entrambi gli alleli mutati siano ereditati dalla prole. La mutazione occorre a carico del cromosoma 11 dove è stato mappato il gene dell’emoglobina. Questo gene subisce una variazione di una tripletta, che da essere CTT diventa CAT causando la sostituzione di un residuo amminoacidico nella proteina. Il residuo amminoacidico fisiologico in prossimità di questa tripletta è l’acido glutammico, ma dopo l’alterazione genetica nella proteina comparirà in sostituzione un residuo di Valina.

Se consideriamo due genitori eterozigoti per la malattia e quindi portatori sani (questa condizione è definita tratto falciforme) la probabilità che i figli ereditino la malattia assume delle percentuali predefinite. I figli potranno nascere non portatori del gene mutato (omozigoti dominanti) con una probabilità del 25%, portatori del gene mutato ma non malati (eterozigoti come i genitori) con una probabilità del 50% e infine potranno invece sviluppare la patologia poiché hanno ereditato entrambi i geni mutati dai genitori (omozigoti recessivi) nel 25% dei casi[2].

L’emoglobina è una proteina globulare di 4 subunità, caratterizzata strutturalmente da due catene di tipo alfa e due catena di tipo beta. Questo tipo di emoglobina prende il nome di emoglobina A. Esiste tuttavia una variante della proteina, caratterizzata da 2 catene alfa e 2 catene delta. Questo secondo tipo di emoglobina si chiama emoglobina A2. Viceversa l’emoglobina alterata in questi pazienti, come detto, prende il nome di emoglobina S. In condizioni normali l’emoglobina prodotta dai nostri geni è per il 98% di tipo A e per il solo 2% di tipo A2. I portatori sani della malattia, invece, presentano il 50% di emoglobina A/A2 e il 50% di emoglobina di tipo S. La presenza di emoglobina normale in percentuale elevata consente loro di sopperire alla presenza di un 50% di emoglobina aberrante. I pazienti affetti da drepanocitosi, invece, presentano il 70-80% di emoglobina di tipo S[3].

Numeri dell’anemia falciforme

L’anemia falciforme si manifesta in percentuali molto elevate, infatti ha una prevalenza di 13 milioni persone affette nel mondo, di cui oltre 40.000 in Europa. I nuovi casi annui di drepanocitosi raggiungono i 300/400 mila ed è stato stimato un ulteriore aumento negli anni a venire[4]. In Italia, la malattia è particolarmente diffusa in Sicilia, dove si raggiunge un’incidenza anche del 13%. Esistono delle aree geografiche in cui questa malattia è endemica e sono l’Africa Sub-sahariana e i Balcani. I flussi migratori hanno favorito la crescita nell’incidenza della malattia e ciò ha determinato che nel 2006 l’Organizzazione Mondiale della Sanità classificasse l’anemia falciforme come emergenza globale[5].

Sintomi

La sintomatologia dell’anemia falciforme può essere varia, ma l’evento più lampante è scatenato dall’effetto che ha l’emoglobina S sui globuli rossi. L’acquisizione di rigidità causa un arresto della circolazione con possibili ischemie. Tuttavia l’effetto di globuli rossi aberranti non finisce qui, poiché sono in grado di innescare una vera e propria reazione infiammatoria nel circolo sanguigno.

L’attivazione di specifiche proteine con funzioni importanti per l’adesione cellulare (le selectine) determina un richiamo di globuli bianchi e piastrine, che insieme ai globuli rossi possono formare dei veri e propri trombi. L’attivazione piastrinica e dell’endotelio innesca un processo infiammatorio che non fa altro che incrementare gli effetti negativi della patologia. Una spiegazione accurata dei processi molecolari che si innescano nella drepanocitosi è illustrata in questo articolo.

L’infiammazione può diventare successivamente di tipo cronico. Tutto ciò può innescare le crisi vaso-occlusive che si traducono in forti dolori a livello osseo e in prossimità degli arti e nella colonna vertebrale. Tutto ciò si può estendere anche a livello sistemico, infatti le crisi vaso-occlusive possono insorgere a carico del cervello, del fegato e dei polmoni, con complicanze specifiche per la funzione degli organi in questione. La presenza di eventi secondari, come infezioni, gravidanza, variazioni della temperatura e riduzione della presenza di ossigeno (per esempio quando si arriva in alta quota), possono incrementare i danni determinati dalle crisi vaso-occlusive.

Una maggiore sensibilità alle infezioni è stata evidenziata nelle persone affette da anemia falciforme. Queste infezioni possono essere di tipo blando, come un semplice raffreddore o anche più complesse, come la meningite[2].

Altra sintomatologia evidenziata può comportare:

  • ritardo nella crescita e nello sviluppo sessuale;
  • formazione di calcoli biliari;
  • difetti erettivi;
  • formazione di piaghe sulla gambe;
  • gonfiore della milza;
  • problemi polmonari;
  • ipertensione arteriosa;
  • problemi renali[2].

Trattamenti

Il trattamento dell’anemia falciforme è mirato a 3 differenti obiettivi:

  • prevenire i sintomi;
  • gestire l’anemia;
  • trattare i sintomi.

La prevenzione dei sintomi può avvenire tramite stimolazione della produzione di emoglobina fetale che cerca di sostituire l’emoglobina S patologica. Il farmaco maggiormente utilizzato a tale scopo è l’idrossiurea. Questo farmaco può dare alcune problematiche che ne rendono difficile l’utilizzo a lungo termine.

La prevenzione si può basare anche sul mettere in pratica alcuni comportamenti di buona salute, tra cui evitare di prendere freddo che può innescare le crisi. Un altro comportamento utile potrebbe essere quello di evitare di disidratarsi assumendo regolarmente liquidi. La trasfusione di sangue può essere un trattamento mirato a prevenire la comparsa di ischemie, ma allo stesso tempo potrebbe essere problematico per possibili conseguenze legate al campione di sangue (infezioni, reazioni immunogeniche). La prevenzione può essere mirata anche per controllare sintomi o problemi secondari che si possono scatenare in persone soggette alla patologia. Per esempio il rischio di infezioni conseguenti può essere ridotto con cicli regolari di vaccinazioni.

Il controllo dell’anemia può avvenire tramite somministrazione regolare di acido folico. L’acido folico può stimolare la produzione di globuli rossi. In casi particolarmente gravi si può operare, come detto, con trasfusioni dirette di sangue.

Il trattamento dei sintomi risulta la strategia più complessa poiché poche terapie sono state approvate per la cura della patologia. Il trattamento più efficace risulta essere il trapianto di cellule staminali e midollo osseo. Prelevando delle cellule staminali dal midollo osseo di un donatore compatibile, potranno andare a sostituire quelle malate. Il controllo del dolore dovuto alle crisi vaculo-occlusive può avvenire tramite somministrazione di terapie anti-dolorifiche, che possono comprendere semplici farmaci da banco come ibuprofene o paracetamolo, fino ad utilizzare gli oppiacei per le sintomatologie dolorifiche severe.

L’unico farmaco biologico al momento approvato per il trattamento della patologia è un anticorpo monoclonale, chiamato Crizanlizumab. Questo farmaco ha la funzione di legare la p-selectina, una proteina di adesione implicata nel processo infiammatorio alla base delle crisi vaculo-occlusive[6]. Un farmaco in grado di agire sul processo di falcizzazione dei globuli rossi esiste ed è il Voxelotor. Questo farmaco incrementa l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, riducendo la possibilità che la proteina polimerizzi e riducendo la formazione di globuli rossi falciformi[7].

Prospettive future rivoluzionarie per il trattamento della malattia potrebbero derivare dall’editing genomico. Le cellule del paziente potrebbero essere prelevate e modificate geneticamente in modo da reimpiantarle successivamente nel paziente. Questo step è fondamentale per generare dell’emoglobina sana e quindi risolvere il problema. L’utilizzo di cellule prelevate dal paziente stesso impedisce l’avvento di rigetto. Inoltre, un ulteriore approccio potrebbe essere determinato dall’utilizzo di CRISPR-CAS9, una tecnologia che permetterebbe di effettuare editing genomico direttamente all’interno dei pazienti con sostituzione del gene malato con quello sano e risoluzione della patologia[3].

Qualità della vita

La qualità della vita di questi pazienti risulta chiaramente difficile. Cercare di vivere in modo sano, con stress ridotto è buona norma per questi pazienti. Anche dal punto di vista psicologico la condizione dei pazienti può essere deficitaria e in tal senso esistono numerosi gruppi di supporto, che possono indirizzare una strada da seguire per singolo paziente. Esiste anche un sito internet che è nato con l’obiettivo di unire pazienti e svolge una funzione di divulgazione scientifica che può essere d’aiuto per comprendere ed essere aggiornati sugli avanzamenti nella ricerca scientifica per questa malattia. Il sito internet si chiama “not alone in sickle cell” ed è disponibile a questo indirizzo.

Approfondimento: correlazione tra anemia falciforme e resistenza alla malaria

L’anemia falciforme svolge un ruolo protettivo per l’avvento delle infezioni da Plasmodium falciparum, ovvero uno dei parassiti che veicola la malaria. Il plasmodio infetta i globuli rossi e ne determina delle modifiche biochimiche che comportano la morte dei globuli rossi. In un individuo eterozigote per il gene dell’emoglobina S, quindi portatore sano dell’anemia falciforme, avendo nell’organismo parte dei globuli rossi non correttamente funzionanti, ciò determina una riduzione nella possibilità che il plasmodio li possa infettare.

Uno studio accurato pubblicato su Nature ne mette in luce i meccanismi. Il plasmodio sembra interagire con i filamenti di actina localizzati all’interno del globulo rosso, che sfrutta per veicolare una proteina chiamata adesina sulla superficie del globulo rosso. Questa proteina favorisce l’interazione tra i globuli rossi con conseguente innesco di una reazione infiammatoria caratteristica della malaria. Nei pazienti affetti da drepanocitosi questo processo sembra non innescarsi[8]. Altri lavori propongono meccanismi diversi che possono determinare protezione dal plasmodio della malaria in questi individui.

Per esempio è stato evidenziato che in pazienti eterozigoti per l’emoglobina S, una proteina di membrana espressa nei globuli rossi (PfEMP1) non è presente e questo evento potrebbe impedire l’aggancio del plasmodio all’eritrocita. Un’altra ipotesi è legata al processo di polimerizzazione dell’emoglobina S in presenza di bassa pressione di ossigeno, situazione che si verifica in questi pazienti[9]. Questa condizione è molto comune, in generale, in presenza di tutte le forme di talassemie. In particolare nei paesi del Mediterraneo, come Italia (Sicilia e Sardegna), Spagna meridionale e Africa è stata evidenziata questa correlazione tra emoglobina alterata e resistenza alla malaria.

Referenze

  1. Anemia Falciforme o Drepanocitosi – ospedalebambinogesu.it
  2. Anemia falciforme – issalute.it
  3. Anemia falciforme: una malattia rara ma in costante crescita – osservatoriomalattierare.it
  4. Cos’è l’anemia falciforme? – alleatiperlasalute.it
  5. Drepanocitosi – aieop.org
  6. Kenneth I. et all – Crizanlizumab for the Prevention of Pain Crises in Sickle Cell Disease – The New England Journal of Medicine
  7. Canak B. et all – Voxelotor: A new kid on the block in the treatment of sickle cell disease –  British Journal of Clinical Pharmacology
  8. Wadman, M. Sickle-cell mystery solved. Nature (2011)
  9. Archer N. et all – Resistance to Plasmodium Falciparum in sickle cell trait erythrocytes is driven by oxygen-dependent growth inhibition. PNAS.
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