La cultura cinematografica e letteraria, nel suo tentativo di alzare il sipario sulla psicopatologia, ha spesso indotto a credere che esista un ampio confine tra ciò che è sano e ciò che può essere indizio di malattia. Anche se la conoscenza dovrebbe portare a una maggiore apertura individuale, in realtà ciò che sovente si ottiene è un’ampia stigmatizzazione dei disturbi in genere, considerati in una dicotomia netta per cui esiste una forte differenza tra chi sembra sano e chi non lo è più o non lo è mai stato. Mai sentito parlare delle allucinazioni normali? Un caso palese è quello delle allucinazioni, un disturbo della percezione con alla base una falsificazione percettiva.
Essa si distingue dagli altri disturbi della percezione, ovvero le illusioni (falsificazione in cui è presente uno stimolo concreto), le pseudo-allucinazioni (allucinazioni interne al soggetto) e le allucinosi (di cui il soggetto si rende conto durante la loro presenza fino a criticarle, indicando quindi una patologia con causa organica). Le allucinazioni sono dunque falsificazioni di uno stimolo in realtà assente di natura visiva, uditiva o somatica.
Se associate al delirio possono essere un chiaro segno di psicosi, ma esse non sono necessariamente di natura patologica. Esistono infatti numerose condizioni in cui la falsificazione percettiva è un meccanismo umano del tutto normale che, nonostante la meraviglia del fenomeno, non ha nessuna connotazione anomala.
Quando ciò che appare anomalo può essere in realtà normale.
Un’allucinazione può ad esempio essere frutto di una situazione collettiva ad alto impatto emotivo: spesso, soprattutto nella dimensione religiosa, la visione di elementi in realtà assenti è dettata dalla suggestione del gruppo, unita al forte impatto emozionale contestuale.
La fase REM
Anche la deprivazione di una fase del sonno, in cui generalmente si sogna, è un potenziale fattore di rischio allucinatorio del tutto normale, allo stesso livello della deprivazione sensoriale (condizione in cui il soggetto è posto, ad esempio, in una dimensione di assenza di suono o di luce prolungata). È infatti possibile che dopo un’esposizione ipostimolante si continui a non vedere e a non sentire, pur con la presenza di elementi esterni.
Anche i deficit sensoriali parziali possono essere responsabili di situazioni allucinatorie, come nel caso di cecità o ipoacusia anche di natura transitoria. Sicuramente più curioso è il pavor nocturnus.
Una parasonnia generalmente tipica della giovane età, consistente in una crisi allucinatoria durante il sonno. Esso si distingue dall’incubo perché non avviene nella fase REM e non è perciò un sogno da cui è possibile svegliare il bambino. Lo stesso passaggio dalla veglia al sonno o viceversa può essere causa di allucinazioni che prendono il nome di ipnagogiche o ipnopompiche. Non meno importante è l’allucinazione da lutto, in cui si ha la percezione della persona deceduta anche dopo la morte.
Questi semplici esempi sono un chiaro segnale di come il confine tra la patologia e la buona salute sia in realtà decisamente labile.
In fondo, chi può stabilire se esso veramente esista o quale sia la sua collocazione?