Durante la Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici tenutasi a Parigi nel 2015, è stato raggiunto accordo internazionale fondamentale per combattere uno dei problemi più gravi che la società moderna si trova a dover affrontare: il surriscaldamento globale. L’Accordo di Parigi, infatti, si propone di unire tutte le Nazioni a livello planetario in uno sforzo condiviso per far fronte al cambiamento climatico, attraverso la messa in campo di tutte le strategie possibili per combatterlo e per adattarsi al meglio alle modificazioni che esso porta con sé, sia a livello locale che globale.
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Quando si parla di cambiamento climatico molto spesso lo si riconduce ad una problematica che deriva interamente dagli effetti negativi che l’uomo sta avendo sulla Terra. In realtà, il cambiamento climatico è anche un fenomeno naturale che ha da sempre interessato il nostro Pianeta e che è causato da alcuni fattori astronomici e solari; questi determinano l’oscillazione della quantità di radiazioni che raggiungono l’atmosfera terrestre, causandone ciclicamente il surriscaldamento. Il vero problema del cambiamento climatico odierno sta nella velocità con cui si sta verificando: mai in passato la crescita della temperatura media, soprattutto ai poli, era stata così rapida.
Questo rapido aumento delle temperature è dovuto principalmente ad un aumento della quantità di gas serra in atmosfera, i quali derivano in gran parte dall’utilizzo dei combustibili fossili e dalle attività agricole. I gas serra, inoltre, permangono per periodi sempre maggiori nell’aria, data la notevole riduzione di quei sistemi in grado di rimuoverli, come ad esempio le foreste.
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Storia dell’Accordo di Parigi
Proprio a causa delle problematiche relative al cambiamento climatico, il 12 dicembre 2015, durante la ventunesima sessione della Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), è stato raggiunto un nuovo accordo globale su questo tema: l’Accordo di Parigi.
La data di apertura per l’inizio delle firme è stata fissata il 22 Aprile 2016 e i regolamenti previsti dall’Accordo sono entrati in vigore il 4 novembre 2016, esattamente 30 giorni dopo la ratificazione da parte di 55 Stati, che insieme contribuivano al 55% delle emissioni globali di gas serra. Attualmente, ben 190 su 197 Paesi appartenenti alla Convenzione Quadro hanno ratificato l’accordo (qui la lista completa)[1].
Nel 2017, l’allora presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha informato che la sua nazione sarebbe uscita dall’Accordo di Parigi, dato che i regolamenti previsti avrebbero arrecato danni notevoli all’economia del Paese. Gli USA sono una delle nazioni con i più alti tassi di emissione di gas serra ma, nonostante ciò, il 4 novembre 2020 il loro ritiro dall’accordo è stato ufficializzato. Poco più tardi, il 20 gennaio 2021, l’amministrazione americana, guidata dal neo-eletto presidente Joe Biden, ha attuato la procedura per riammettere gli Stati Uniti, promuovendo un piano che potrebbe consentire al Paese di diventare carbon neutral entro il 2050.
Principali obbiettivi dell’accordo
L’obbiettivo principale che vuole essere raggiunto grazie all’Accordo di Parigi è quello di mantenere, attraverso gli sforzi condivisi da parte dei Paesi firmatari, l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, entro la fine di questo secolo; inoltre, l’Accordo vuole mettere in campo tutte le forze e le risorse necessarie per far sì che tale aumento si limiti a 1,5°C.
Inoltre, l’Accordo mira ad aumentare la capacità dei Paesi di affrontare gli impatti del cambiamento climatico, attraverso la mobilitazione di risorse finanziarie e di un nuovo quadro tecnologico che miri a sostenere l’azione dei Paesi in via di sviluppo.
L’Accordo prevede inoltre che tutti gli stati firmatari presentino periodicamente dei report con i dati relativi ai livelli di emissione, riportando anche una spiegazione dettagliata delle tecniche adottate per centrare gli obbiettivi imposti dall’Accordo.
Si tratta insomma di sfide molto ambiziose, ma sicuramente necessarie se si vuole cercare di combattere in maniera efficace il surriscaldamento globale[2].
Come raggiungere gli obbiettivi dell’Accordo di Parigi?
Stilare un accordo dall’importanza storica come quello di Parigi richiede ovviamente la creazione di un piano d’azione che sia quanto più oculato possibile e che si adatti al meglio alle caratteristiche (anche molto differenti) ambientali e socio-economiche dei Paesi firmatari.
Per questo motivo sono state stilate delle linee guida che i Paesi firmatari sono tenuti ad osservare[2]; alcune di queste riguardano:
- il picco delle emissioni di gas serra;
- i serbatoi naturali di gas serra;
- la cooperazione volontaria tra gli Stati membri;
- l’educazione e la sensibilizzazione;
- le azioni dei cittadini e delle società private.
Picco delle emissioni di gas serra
Per far sì che l’aumento della temperatura media rimanga al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, è necessario che i Paesi firmatari raggiungano il picco di emissioni di gas serra il prima possibile. Questo per far sì che, nella seconda parte del secolo, venga raggiunto un equilibrio tra le emissioni e i livelli di rimozione di gas da parte dei cosiddetti serbatoi (sink), quali ad esempio foreste, oceani e suoli.
Serbatoi naturali di gas serra
Gli Stati membri devono mettere in atto delle procedure che accentuino l’attività dei serbatoi di gas serra, per far sì che essi vengano efficacemente rimossi dall’atmosfera. Devono essere quindi promossi dei piani di afforestazione e ridotti quelli di deforestazione, soprattutto nelle aree tropicali.
Inoltre, devono essere adottate delle strategie per la rimozione dei gas serra dall’atmosfera, che si basino sulle cosiddette NETs (Negative Emission Technologies, ossia tecnologie ad emissioni negative), quali ad esempio[3]:
- modifica delle pratiche agricole con lo scopo di aumentare il sequestro di carbonio da parte del suolo;
- utilizzo di biocombustibili al posto dei combustibili fossili;
- favorire i processi geochimici e geofisici di sequestro dell’anidride carbonica e di altri gas serra;
- fertilizzazione oceanica, in modo tale da favorire il sequestro dell’anidride carbonica e la sua conversione in composti organici da parte di alcune tipologie di alghe.
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Cooperazione volontaria tra gli Stati membri
L’Accordo di Parigi, tra i suoi punti, prevede anche la creazione di accordi volontari tra gli Stati firmatari. I Paesi sviluppati, infatti, possono aiutare con risorse finanziare e tecnologiche i Paesi in via di sviluppo, per far sì che essi raggiungano prima il picco delle emissioni di gas serra e che ci siano maggiori possibilità di sviluppo tecnologico.
Educazione e sensibilizzazione
Dato che tutti noi contribuiamo in qualche modo all’emissione di gas serra e al riscaldamento globale, è di fondamentale importanza che gli Stati investano in programmi di istruzione e di sensibilizzazione della popolazione; essa deve insomma essere messa necessariamente al corrente delle conseguenze che le azioni quotidiane possono avere sul futuro della Terra e delle prossime generazioni. La possibilità di accedere a questa tipologia di informazioni deve essere uguale in ogni Paese della Terra e gli sforzi educativi, in questo senso, devono essere sicuramente implementati, soprattutto nei primi anni di scuola.
Azioni di cittadini e società private
L’Accordo di Parigi accoglie anche gli sforzi di tutti i portatori di interesse (stakeholder) non statali per rispondere al cambiamento climatico. Tra gli stakeholder vi sono ad esempio quelli della società civile, del settore privato, delle istituzioni finanziarie, delle città e di altre autorità locali. Tutti coloro che prendono parte a questo invito e intensificano i loro sforzi con lo scopo di ridurre le emissioni di gasi serra, contribuendo a una mitigazione del riscaldamento globale, possono mostrare i loro risultati sulla piattaforma Non-State Actor Zone for Climate Action.
Italia, Accordo di Parigi e cambiamento climatico
Il nostro Paese non è stato uno dei primi stati appartenenti all’Unione Europea a ratificare l’Accordo di Parigi: l’entrata ufficiale nell’accordo è arrivata l’11 dicembre 2016, grazie alla legge n.204 e in seguito al comunicato del Ministero degli Affari Esteri pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 dicembre 2016[4].
Gli impatti del cambiamento climatico in Italia rimarranno gestibili da un punto di vista economico solamente se l’aumento della temperatura media rimarrà al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, come stabilito durante la COP21. Se ci saranno degli incrementi superiori, tutti i settori economici del nostro Paese ne risentiranno pesantemente, a partire dall’agricoltura. Anche il settore delle infrastrutture dovrà affrontare delle problematiche non indifferenti, dato che l’aumento delle temperature e la conseguente variazione nella frequenza e nell’intensità di eventi meteorologici estremi, può portare ad un incremento esponenziale del rischio idrogeologico, che in Italia è già marcato.
Per comprendere se l’Italia sarà in grado di rispettare gli accordi presi a Parigi, sono stati creati degli scenari differenti che mostrano l’incremento delle temperature medie in base ai livelli di emissione. Lo scenario più ottimistico mostra un incremento della temperatura media di circa 1°C entro il 2100. Esiste però anche un possibile scenario molto peggiore, che stima un incremento di 5°C e che si verificherebbe nel momento in cui non venisse introdotta nessuna iniziativa di mitigazione di questa problematica. Attualmente, vari modelli climatici per l’Italia, concordano nel mostrare un probabile incremento della temperatura media di 2°C nel periodo 2021-2050 rispetto al trentennio 1981-2010, rendendo così di fatto impossibile rispettare l’Accordo di Parigi[5].
L’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile
L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è un documento adottato dai 193 Paesi che hanno partecipato al Summit per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, tenutosi a New York dal 25 al 27 settembre 2015.
Parallelamente all’Accordo di Parigi, questo documento sigla una serie di impegni che gli Stati firmatari devono rispettare per ridurre, entro il 2030, l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi naturali, promuovendo forme di sviluppo sostenibile in tutti i settori dell’economia e della società. Con l’Agenda sono stati individuati 17 obbiettivi (chiamati Sustainable Development Goals, o SDGs), ognuno composto da una serie di target (in totale 169) che devono essere raggiunti.
I pilastri su cui si basa l’Agenda sono 5 e possono essere racchiusi nei seguenti temi chiave: persone, pianeta, prosperità, pace e collaborazione globale[6]. Insieme all’Accordo di Parigi, questa Agenda sarà parte delle linee guida che i leader mondiali dovranno rispettare per far sì che la coesistenza tra esseri umani e pianeta Terra possa essere prospera e duratura, attraverso la riduzione delle emissioni, dell’utilizzo intensivo delle risorse naturali e la messa in atto di piani di recupero degli ecosistemi sin qui danneggiati dall’uomo.
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Conclusioni
Nonostante le numerose evidenze e la moltitudine di studi scientifici a riguardo, non esiste una risposta unica alla domanda se sia fattibile limitare il riscaldamento a 2°C e adattarsi alle conseguenze che ne potrebbero derivare. La trasformazione globale necessaria per limitare l’aumento delle temperature richiede che vengano considerati i collegamenti, le sinergie e i compromessi tra mitigazione, adattamento e sviluppo sostenibile. Inoltre, devono anche essere prese in esame le connessioni globali presenti nelle relazioni uomo-ambiente passate, presenti e future, che evidenziano la necessità ed enfatizzano l’opportunità di risposte integrate per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Referenze
- Consiglio dell’Unione Europea – Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;
- United Nations – Framework Convention on Climate Change;
- European Academies Science Advisory Council (2018), Negative Emission Technologies. What role in meeting Paris Agreement Target?, EASAC Policy report 35;
- Camera dei Deputati – Servizio Studi XVIII Legislatura (2021), Cambiamenti climatici – Dal Protocollo di Kyoto all’Accordo di Parigi;
- Spano D. et al. (2020), Analisi del rischio. I cambiamenti climatici in Italia, Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici);
- United Nations, Sustainable Development Goals – Knowledge Platform.