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Abete bianco: Svelato il mistero – Dopo le glaciazioni si è rifugiato in Appennino

Come molte altre specie forestali, l’abete bianco, una delle conifere europee più importanti sia da un punto di vista ecologico che economico, durante gli ultimi cicli glaciali si è rifugiato più volte nelle penisole mediterranee per poi ricolonizzare il resto d’Europa. Di conseguenza, tutti gli abeti bianchi presenti oggi nelle foreste europee sono diretti discendenti degli esigui nuclei che sono sopravvissuti in queste aree rifugio.

In Italia

La penisola italiana ha giocato un ruolo fondamentale in questi cicli di contrazione ed espansione della distribuzione dell’abete bianco, ma dove esattamente la specie abbia trovato le condizioni ideali per rifugiarsi è rimasto per molto tempo un mistero.

Un recente progetto coordinato dall’Istituto di Bioscienze e BioRisorse (IBBR) del CNR di Firenze, in collaborazione con le Università di Parma e Ancona e sostenuto dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ha colmato tale lacuna includendo in un ampio studio genetico numerose popolazioni appenniniche di abete bianco.

I primi risultati del progetto, recentemente pubblicati sulla rivista Journal of Biogeography, mostrano forti evidenze a favore della presenza di almeno tre aree rifugio della specie in Appennino: le caratteristiche genetiche dell’abete bianco in quest’area erano per lo più ignote e, date le esigue dimensioni di queste abetine relitte, la loro stessa presenza era pressoché sconosciuta alla ricerca forestale internazionale.

Lo studio ha mostrato, per la prima volta, come questi nuclei siano geneticamente simili alle popolazioni alpine e dell’Appennino settentrionale.

Simili sì, ma con peculiarità genetiche che hanno condotto i ricercatori a ipotizzare una diversificazione che risale a un periodo precedente all’ultimo massimo glaciale.

Queste popolazioni sarebbero quindi, ciò che rimane di un piccolo rifugio glaciale centro-appenninico mai ipotizzata in precedenza. I dati raccolti hanno anche mostrato il notevole impoverimento genetico di questi nuclei, che potrebbe essere legato anche alle loro piccole dimensioni e all’elevato isolamento.

Nel loro complesso, queste evidenze mostrano l’estrema rilevanza conservazionistica delle popolazioni di abete bianco del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e l’estrema urgenza di azioni concrete per preservarne le peculiarità genetiche.

Tra queste caratteristiche genetiche distintive potrebbero infatti essere presenti varianti dall’elevato valore adattativo, un patrimonio genetico che potrebbe rivelarsi cruciale per l’adattamento al cambiamento climatico della specie negli anni a venire.

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